Nel suo piccolo, questo disco ha la valenza di un evento storico o poco meno, poiché segna il ritorno dei grandi Factrix. Pionieri dell’industrial, i californiani mancavano dalle scene dal 1982, persi in chissà quale dimensione ballardianamente alternativa. Era francamente difficile, dunque, immaginare un loro ritorno, ma il caso ci ha messo lo zampino. Determinante è stato l’incontro con i Control Unit, avvenuto nel bel mezzo di un tour americano tenuto da Silvia Kastel e Ninni Morgia. Pare che i Factrix abbiano assistito a una performance del duo italiano e ne siano rimasti ben impressionati, da lì la proposta di una collaborazione.
Ora, la cosa non deve stupire: chi segue i Control Unit sa che il loro suono si è progressivamente avvicinato alle putrefazioni cadaveriche della San Francisco industrial di fine anni Settanta. Dunque? Dunque, “Elegy For Rusted Souls” è puro incesto, ossia qualcosa di costituzionalmente scuro, marcio e sventrato. Vale a dire, nei tredici pezzi che lo compongono l’album non trova mai un suo centro. Non ci sono ritmi da seguire né melodie da cui lasciarsi incantare, solo metastasi noise che si materializzano in maniera aleatoria.
A venirne fuori è un doloroso e snervante cerimoniale di destrutturazione, orchestrato dalla solita maestria impro di Morgia, che funge da driver rispetto al basso funereo di Cole Palme e al flusso di coscienza a dir poco sfibrante della Kastel. La sensazione è che il processo creativo sia stato guidato dal duo italiano più che dalla band californiana, ma alla fine poco importa, considerata la piacevole sgradevolezza del risultato finale.
17/06/2013