Lui, James Chapman, è di Northampton, terra dei Lord; l'altro, Maps, è lo pseudonimo che utilizza quando produce musica, principalmente elettronica e contaminata da spruzzi di qualcosa che assomiglia, seppur molto alla lontana, al rock. In effetti Maps, giunto al suo terzo lavoro "Vicissitude", è una personalità musicale che di gran lunga catalogheremmo come "poppeggiante", se non con estrema decisione "un mellifluo amante del pop anni 80", quello da tastiera come unica, venerabile attrice protagonista.
L'aria che tira in "Vicissitude" è però afosa, umida di ripetitività; in certi soffi è talmente grave da poterla prendere in mano ("I Heard Them Say", "Vicissitude"), buttarla da un'altra parte, come si fa con le estive e fastidiose bestie ronzanti. La si vuole cacciare perché ci si domanda il motivo di cotanta lunghezza e pesantezza per delle tracce pop-elettroniche: cinque, sei minuti di iterazione sonora che non giovano né alla leggerezza né al clima rovente di questa estate.
Maps, nel primo singolo estratto e traccia d'apertura "A.M.A.", segue la linea pop intrapresa qualche tempo prima da un altro britannico, Dan Black, cioè un segmento diritto, canonicamente fedele alla struttura della canzone strofa-ponte-strofa-ritornello, dalle linee vocali aperte, speranzose. Si vive molto di revival tra l'ibrido Duran Duran e Tears For Fears in "Built To Last", oppure addirittura di synth da "Neverending Story" in perfetto stile Limahl ("You Will Find A Way").
Passando attraverso le anonime "Left Behind" e "This Summer", si galleggia discretamente nel sottofondo intimista di "Nicholas" per poi nuotare a piene bracciate nel finale, con "Insignificant Others" e "Adjusted To The Darkness", l'una sulla linea melodica dell'intero disco ma con idee e spunti più freschi, e l'altra completamente estranea al contesto di "Vicissitude", delicata e femminile chiusura di un disco dotato d'identità, ma con cui si può avere a che fare solo in determinati momenti, come con un amico talvolta difficile da reggere.
28/07/2013