È difficile aspettarsi, ma anche solo immaginarsi una delusione da una band come i Leisure Society. Sarebbe come pensare a un amico in questi termini, come se il tuo affetto dipendesse costantemente dal tuo apprezzamento per lui.
Eppure è con questo sentimento un po’ amaro che può capitare di accostarsi a questo terzo disco – attesissimo da chiunque abbia a cuore le sorti del folk e del pop inglese – dei Leisure Society. La band che ha illuminato la scena degli ultimi anni, che ha imposto un modo di pensare, un modo di guardare alla vita e alla musica che in pochi sono stati capaci di mostrare. Una mano con la stimmate colorata della grande arte.
La soavità dello sguardo di Nick Hemming e compagni non è in discussione: lo dimostrano piccoli inni dell’anima, impercettibili disgeli interiori come “A Softer Voice Takes Longer Hearing” e “The Sober Scent Of Paper”, nonché il pamphlet programmatico di “Fight For Everyone”, teatrino di jingle di cartapesta, che il bel video ha giustamente rappresentato come surreale e dissacrante favola biblica.
Il gioco si mostra però un po’ stanco nei rutilanti cabaret di “Forever We Shall Wait” e “One Man And His Fug”, animate da una teatralità stantia, nelle quali le canzoni, prive di dinamismo, non paiono proprio all’altezza della scenografia imbastita, che spesso, altrove nel disco, diventa una facile copertura di cali d’ispirazione (“The Last In A Long Line”, “Tearing The Arches Down”). In diversi brani la composizione di Hemming sembra adagiarsi su parziali cliché melodici, mentre, in altre occasioni, più che altro riaggiusta il suo repertorio (“Life Is A Cabriolet”, “Another Sunday Psalm”).
Insomma, si perde un po’ il gusto della sorpresa, in questo formulario dei Leisure Society. I cartoni animati tornano a essere roba per bambini...
04/04/2013