I passaggi di stato s'accompagnano a tristezza e malinconia oppure a una sorta di estrema inquietudine e felicità nel guardare con occhi nuovi qualcosa di già visto. Dente, nel 2014, salta l'ostacolo "indipendente" per raggiungere e abbracciare un'amica calda, possente, dominante: stringe la mano a Rca, ma il suo sguardo volge dall'altra parte, verso un orizzonte di pianura e intimismo lirico pressoché intatto o quantomeno sulla via delle precedenti uscite.
Una produzione, quella di "Almanacco Del Giorno Prima" uscito per Rca/Sony, politicamente vicina allo scudo crociato piuttosto che alla lotta di classe, un tributo alla dolce vita dei 50 ma altrettanto simile a quelle case silenziose, quando si mangiava standosene zitti, stanchi dal lavoro, stufi del lavoro. E' quindi un riassunto di qualche tempo fa, di estrema attualità, un almanacco che racconta le storie immaginarie di uno spirito comunque egocentrico che scrive di se stesso e canta allo stesso modo. Ma lo fa discretamente bene.
La distanza tra l'attuale scrittura di Dente 2014 e quella degli esordi è incanalabile nello scorrere del tempo, vero punto focale dell'ultima fatica di quello di Fidenza. Dente rivive il passare degli anni ("Al Manakh"), con quel caratteristico timbro "incontentabile" dell'uomo che se qualcosa è A vuole B e poi, quando possiede B, rivuole A ("Miracoli").
Musicalmente pare di pedalare con una bicicletta contro l'aria fresca della primavera che verrà (o forse no?), in "Invece Tu", com'anche nella penetrante apertura di disco che è "Chiusi Dall'Interno", un'epopea della musica leggera italiana, dalle origini a metà anni Sessanta, con i fiati a far da contraltare all'accordatura malinconica volta ad aprire un ritornello poetico, sensibile, immaginifico: "Al mondo svendo la bandiera bianca/ usata di nascosto allego una fotografia/ di me che vado via".
In "Almanacco Del Giorno Prima" v'è la sensazione di sentire la presenza, quasi spirituale, della "Tigre di Cremona", Mina: nella composizione, nell'interpretazione e in tutto quello che circonda l'aurea di quel "giorno prima" ("Fatti Viva" solo a titolo d'esempio); d'altronde è difficile non notare anche la sorta di tributo ai suoni clavicembali dell'amore e della vita cantati da De André ("Un Fiore Sulla Luna", "Remedios Maria"), ma non è facile, invece, trovare altri accostamenti al cantautorato "classico", se non un ermetismo chilometricamente distante da De Gregori o il pacifico sentimento d'amore di un Endrigo.
Citazione a parte merita "Meglio Degli Dei", per un Dente diverso, liquido ed esteso: un pianto disperato a voce bassa, una carezza come un pugno, per un litigio diventato anonimia.
Dente torna con un album altalenante: freschezza seguita da un intimismo quasi autistico, per arrivare a un finale che riapre a una tropicalità vintage poco chiara, specchio di una personalità provinciale in un corpo cittadino.
08/02/2014