Ben Chasny è un trasformista. Uno di quei musicisti capaci di passare con disinvoltura dal folk psichedelico strumentale delle chitarre acustiche di Six Organs of Admittance alle atmosfere elettriche e tirate ai limiti dell’hard-rock dei Comets On Fire, arrivando perfino a far sublimare le due esperienze, nel 2012, con quell' "Ascent" firmato con il primo nome ma suonato dai secondi.
Ora, il chitarrista californiano ha una nuova creatura, ancora diversa. Il compagno di viaggio, stavolta, è Donovan Quinn, già nelle file degli araldi del pop psichedelico Skygreen Leopard. Insieme, dimenticano la sovrastruttura delle visioni caleidoscopiche e lisergiche delle loro produzioni precedenti per tornare al nucleo: la melodia, la forza della voce accompagnata solo dalla chitarra acustica, l’importanza delle parole.
Un disco che entra di diritto tra i migliori episodi del folk cantautorale, questo “Voices In A Rented Room”, nella tradizione di quel lato oscuro e ruvido della musica acustica in cui si sentono gli echi non troppo lontani dei Velvet Underground di “Sunday Morning” – come in “Your Girlfriend Might Be A Cops” o “Pigeon Town” – o del Leonard Cohen di “Waiting For The Miracle” in “It’s The Way”; che ammalia con l’illusoria dolcezza di “Black Bough”, messa in apertura, a introdurre un mondo cupo e tenebroso, schivo, che si apre solo nell’excursus elettrico di “Your Bullshit” ma che non perde comunque l’affilatura e l’angoscia neanche nel suo episodio più FM.
“Old Drunk America” lo definiscono, loro stessi, su Soundcloud. E se è vero, come narra la leggenda, che tra Chasny e Quinn non sia proprio stato amore a prima vista, il primo pensiero, ascoltando “Voices In A Rented Room” va immediatamente alle atmosfere noir rurali della coppia Hart-Cohle della serie “True Detective” - dal “There’s a wheelbarrow in my courtyard” dell’apertura, a “You only get fucked in Pigeon Town”, alla murder ballad “The Killer And Me” di cui ci raccontano, accompagnati dalla perfetta giustapposizione dello strumming di Quinn e del tipico fingerpicking di Chasny.
Melodie di estrema dolcezza e voci sussurrate, che narrano storie difficili, in una contrapposizione irresistibile. È un disco sporco, questo “Voices In a Rented Room”, impolverato, arrugginito, rovinato come la vita di cui parla ma che, come essa, non si dimentica della profondità dell’animo umano e dell’impossibilità di non continuare a cercare la bellezza.
17/03/2014