Ancora una volta Anna Varney, misterioso/a titolare del celebre e prolifico progetto Sopor Aeternus, si palesa al suo pubblico con un nuovo lavoro in edizione extra-lusso, formata stavolta da un libro dalla copertina rigida con foto e firma in edizione strettamente limitata (senza contare la versione “per fan”, che contiene una immancabile maglietta), e ovviamente un disco di musica tra la classica moderna e il gothic.
Una proposta che risulterà gradita soprattutto ai collezionisti disposti a sborsare cifre non indifferenti per un contesto iconografico pur decisamente abusato dopo tanti anni, e che forse penalizzerà chi invece poteva essere solo interessato al peculiare misto di classicismo e di darkwave proposto dal gruppo. Insomma, prezzo e immaginario rischiano di impedire all'opera di valicare i confini dei suddetti fan.
Eppure, tralasciando l'aspetto visivo e arrivando al cuore della materia musicale, non è azzardato affatto dire che “Mitternacht” potrebbe invece avere un forte interesse anche tra chi segue etichette come Denovali e Kranky, che hanno portato l’approccio classico a declinazioni moderne e coinvolgenti. Il disco colpisce fin da subito per il suo impatto melodico e, pur mantenendosi legato alla forma-canzone, stupisce con il suo incipit e le sue strofe, con aperture strumentali sempre di notevole interesse, grazie a una orchestrazione sapiente che non eccede mai, né in trionfalismi né nel patetico.
Spesso si tratta di sentimento puro e semplice, con punte in brani come “La prima vez”, dove il violino riesce a muovere l’ascolto a compassione, e in “Into The Night”, ma in generale gli accorti arrangiamenti rendono l’ascolto raffinato e accessibile, contribuendo alla sua scorrevolezza.
L’uso melodrammatico della voce è per fortuna limitato, pur rimanendo il marchio distintivo della Varney (con storie di solitudine, amicizia e amore frustrati, al posto dei precedenti racconti del terrore), ma spesso ci sono cambi di registro a sorpresa, tra cui la grottesca interpretazione in “You Cannot Make Him Love You” o la commovente e complessa reinterpretazione di “Bang-Bang”, cover della famosa canzone di Nancy Sinatra, che donano spessore al disco schivando i cliché. La voce quindi cerca di cantare – con diversi gradi di successo - tutta una gamma di emozioni, desiderio e sollecitudine, melancolia ed esaltazione, avvicinandosi per certi versi più al recitato che alla canonica interpretazione musicale.
Ulteriore dinamismo nel disco è offerto dalle evoluzioni ritmiche vicine alla darkwave (“Mitternacht”, “If You Could Only Read My Mind” e “Beautiful”), dal momento circense di “Carnival of Souls”, o anche dal solenne intervallo della marcia funebre di “The Boy Has Built A Catacomb”, cui si aggiunge la notevole varietà degli strumenti e degli inserti sonori sparsi (oltre all'Ensemble Of Shadows, una vera e propria orchestra da camera, con liuto, tromba, clarinetto e bassotuba, si possono sentire i suoni di spinetta e glockenspiel ma anche lunghe note di theremin) che si rivelano la forza maggiore dell’album, tra pause e ritmi, trilli e aperture orchestrali. Il risultato, quindi, converge verso un sofisticato “pop da camera", a metà tra la canzone e l’operetta, dove l’immagine tragica è stemperata più di quanto non sembri (sebbene non manchino le melodie malinconiche) fondendo movimento con riflessione.
Certo, vedendola in retrospettiva, si tratta sempre della stessa proposta mantenuta negli anni, al punto da essere diventata una sorta di variazione sul tema, autoreferenziale e non sempre incisiva, ma questo riguarda forse più il percorso dell’artista che la singola uscita in questione. I momenti più deboli sono verso il finale, con “Confessional”, “It’s Just My Sadness” e “Under His Light” – mentre la ripresa di quest’ultima è già più ricca - episodi che non coinvolgono molto l’ascoltatore nella loro linearità, anzi, appesantiscono l’ascolto, forse anche per la stanchezza dovuta alla durata di quasi 70 minuti del disco.
Il giudizio, tuttavia, è complessivamente positivo, anche se forse "Mitternacht" non è all’altezza di alcune uscite precedenti. Soprattutto si spera che il nome Sopor Aeternus riesca ad attecchire presso un pubblico diverso: il disco è certamente più sobrio e raffinato di altri lavori realizzati da Varney, e un ascoltatore smaliziato ne potrebbe rimanere piacevolmente sorpreso.
22/11/2014