Nemmeno un anno fa, inaspettatamente, eravamo risprofondati nei patemi coming-of-age con “Whenever, If Ever”, esordio di una band dal nome fluviale come le emozioni che è capace di ridestare dal lungo sonno dell'adultità. Piccoli (ma in prospettiva enormi) sogni infranti, delusioni che ci hanno insegnato ad avere coraggio e farci spazio nel meraviglioso posto che è il mondo.
Di indole diversa ma non meno nostalgica è la proposta dei The Hotelier (ex-The Hotel Year) di Worcester, Massachusetts, che riprende il filo di esperienze affermatesi in anni più recenti: su tutte è inconfondibile l'influenza dei My Chemical Romance, promessa mancata della emo anni Zero, specialmente nel timbro vocale di Christian Holden – a tratti identico a quello di Gerard Way.
Ma il sincero lirismo degli Hotelier non deve temere alcun confronto con qualsivoglia “black parade”. Dopo il fresco e convincente “It Never Goes Out” del 2011, “Home, Like Noplace Is There” fa i conti con l'età matura e affronta in testi durissimi la sensazione di trovarsi a un vicolo cieco; nove episodi ben distinti ed eterogenei, che nelle rispettive scelte stilistiche percorrono le varie gradazioni tra i due estremi del pop-punk e della screamo.
L'alzarsi del sipario sul disco corrisponde alle tende di una finestra che si aprono: Open the curtains/ Singing birds tell me “tear the buildings down/ You felt blessed to receive their pleasant sound/ Things that break make you cringe inside yourself. Inizia così un dolente percorso lungo il quale si riaprono ferite interiori non ancora sanate: attraverso i singoli fallimenti personali e l'elaborazione del lutto (I called in sick from your funeral/ The sight of your family made me feel responsible), il male di vivere viene descritto come una malattia terminale che è necessario fronteggiare un passo alla volta.
Forse nulla di nuovo per chi ben conosce il genere, ma l'urgenza della musica degli Hotelier ha il potere di scavare a fondo anche nei sentimenti più abusati – spesso senza motivo; la loro musica non punta in alto, non è un oppio per masse di adolescenti in nero ma una graduale cura omeopatica destinata a lenire il dolore, finanche egoisticamente, di chi l'ha scritta in prima istanza.
Tra un nuovo richiamo ai Blink-182 con “In Framing” (Bit off more than could chew and then swallowed it whole/ I choked on your temper when you felt alone), senza sfuggire a un pur parziale debito verso gli American Football – capitale meteora di quindici anni fa – il bilancio complessivo comprende momenti di un'intensità quasi insostenibile, che culmina proprio nella chiusura del cerchio di “Dendron”.
Non stupisce che la critica online più o meno amatoriale sia andata, nel giro di poco, in piena fibrillazione: “Home, Like Noplace Is There” è l'album della maturità per definizione, e insieme lo sfogo imperfetto di un amico fragile che non vogliamo abbandonare, perché ci parla anche di noi stessi.
14/03/2014