“Dovete sapere che la creazione di una grande compilation, così come una separazione, richiede più fatica di quanto sembri. Devi iniziare alla grande, catturare l'attenzione! Allo stesso livello metti il secondo brano, e poi devi risparmiare cartucce inserendo brani di minore intensità. Eh... sono tante le regole”.
Diciamolo: qualunque appassionato di musica ha elaborato le sue personalissime regole per una compilation perfetta. Diciamolo: ognuno di noi, anche se solo in parte, si è ritrovato d’accordo con le regole sopracitate, tratte dal film “Alta fedeltà”. Evidentemente Nina Kraviz non ha visto il film, né ha elaborato delle regole sue.
Partiamo dall’inizio: Nina Kraviz è una dj di chiara fama, che delizia platee di sudati ragazzi con i suoi set e con le sue movenze sensuali dietro ai piatti; forse più con questo che con i suoi set. La sua fama ormai ha raggiunto il massimo grado di "hype": compilation griffate e recensioni entusiastiche su siti specializzati, book fotografici, interviste. Insomma, la ragazza è diventata una stella. Nina Kraviz è quindi la dj a cui è stata affidata la nuova uscita della famosa serie di compilation “DJ Kicks”.
Nina realizza una compilation di techno, prevalentemente minimale, con molti brani dalla limitata durata; le tracce scelte sono molto simili tra loro per caratteristiche stilistiche e generano un effetto monoblocco. “Velleità concettuale”, verrebbe da pensare, o almeno è quello che giustificherebbe, in parte, il risultato finale.
Ignorando le regole per una buona compilation, Nina si dimentica completamente dell’importanza di catturare l’attenzione e decide di tediarci, per i primi 10 minuti, con una sezione ritmica sempre uguale, dove solo saltuariamente compaiono “apiriti elettronici”, voci sussurrate dall’effetto mistico e micro-variazioni che, pur se micro, accogli come un’incredibile e gradita novità. La monotonia è tale che neanche ti rendi conto se stanno cambiando le tracce, disperatamente ti chiedi quando accadrà qualcosa di più eccitante di un campanello con cadenza da orologio in un film horror.
Quando, finalmente, dopo il tedio iniziale arriva un brano che mostra più sostanza, non fai in tempo a ringraziare il tuo Dio che si passa alla successiva traccia monocorde, e ti chiedi se ascoltare questa compilation è una punizione per aver avuto nella vita un karma negativo o se hai sbagliato la divinità da ringraziare.
Probabilmente Nina ha pensato questa raccolta per la discoteca. Perché questa selezione può funzionare solo se passata a metà serata, con la pista già calda e, soprattutto, con la platea già alla terza pasticca, magari intenta più a gustarsi le movenze di Nina che a concentrarsi sulla musica. Forse potevano allegare al disco un video con la nostra stella che accompagna i brani con sguardi ammiccanti, almeno anche noi, poveri ascoltatori lontani dalla pista, ne avremmo goduto.
Solo chi ama una techno molto minimale e gustare 68 minuti di sezione ritmica ridotta all’osso e sempre, sempre, uguale, può trovare soddisfazione in questa selezione. Per tutti gli altri c’è un’unica speranza: che Nina si veda “Alta fedeltà” e ne tragga insegnamento.
19/02/2015