Aidan Knight

Each Other

2016 (Full Time Hobby)
chamber-pop-rock, art-pop, alt-folk

È sempre lo stesso, Aidan Knight, eppure non lo è più. Te ne accorgi subito quando sussurra al microfono, all’inizio di “Each Other”, con sobrio timbro Callahan-iano: “Congratulate, my friends, on the birth of a healthy son…”. Messa così, sembra che si parli di una banale maturazione anagrafica, a un certo punto arrivano i figli, non sei più l’artista scapestrato, scrivi della prima volta in cui hai cambiato un pannolino etc.
Degnissimo, ma non è quanto accade nel seducente, astratto ma viscerale, nuovo disco del cantautore canadese, che possiamo considerare la sua consacrazione anche per la firma per un’etichetta non secondaria come la Full Time Hobby.

L’iniziale title track è popolata infatti di lampi e scrosci chitarristici che farebbero impallidire i Grizzly Bear, ma in un’atmosfera in cui il “figlio sano” di Knight sembra offerto in mostra, come in un rituale senza nome, in una scura coreografia dai movimenti sconnessi, in cui si nota la mano del produttore Marcus Paquin, già collaboratore dei National.
Insomma, il figlio del canadese assomiglia molto alla sua arte, che forse potremmo chiamare nuova, più che a un figlio in carne e ossa, nonostante Aidan si sia sempre presentato, come altri nella sua terra, come cantautore eccentrico, o perlomeno contemporaneo. In realtà non c’è niente di particolarmente eccentrico, in “Each Other”, solo una voce, una resa di grandissima sobrietà ma anche di indiscutibile carisma (il “notturno” dronico, alla Wareham di “What Light (Never Goes Dim)”, che si fa lentamente crescendo ma senza mai tracimare), una sorta di Guy Garvey ringiovanito, nell’anagrafe ma anche nella riuscita artistica.

L’asciuttezza degli arrangiamenti non impedisce a Knight di imbastire brani di pregnante introspezione, in cui lo spirito sembra fluttuare sul sentiero di un ricordo, trasformandolo in esperienza immaginifica (“You Are Not Here”), ad esempio involandosi nella trance kraut di “The Arp”.
Un’ispirazione forte guida insomma le note di “Each Other”, tanto che anche un bozzetto acustico Buckley-iano come “St. Christina” non suona per niente fuori posto. Un punto di arrivo, ma anche l’inizio di una nuova fase nel proprio ciclo di vita artistico per l’artista canadese.

28/01/2016

Tracklist

  1. Each Other
  2. All Clear
  3. Funeral Singers
  4. What Light (Never Goes Dim)
  5. The Arp
  6. St. Christina
  7. You Are Not Here
  8. Black Dream

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