Non è propriamente conosciuto per la costanza e l'invariabilità della propria cifra stilistica, Huerco S., ma lo stravolgimento avvenuto col suo secondo album (vi risparmio la riscrittura del titolo chilometrico, mi limiterò a menzionarlo come "For Those Of You...") è di quelli che lascia a dir poco stupefatti. Vero è che, da esponente principale di quello che andato a configurarsi come il "movimento" abstract-house (o outsider-house che dir si voglia), il suo approccio alla club-music è sempre stato più questione mentale che fisica, nonostante la massiccia attenzione ricevuta, specialmente con "Colonial Patterns", da tutti gli appassionati del settore. Pattern ambient mandati in loop, composizione al limite col drone ed effetti d'atmosfera, quand'anche nascosti sotto ai beat o posti come semplici interludi, non costituiscono insomma una novità assoluta per il giovane producer statunitense, tra i pochissimi a costruire un linguaggio realmente personale (per quanto non sempre a fuoco) nell'asfittico universo dell'elettronica da dancefloor contemporanea.
Privarsi però di un'estetica così forte e riconoscibile, e puntare ad asciugare la propria proposta di ogni riferimento alla pista da ballo, per quanto velato possa essere, è un azzardo non da poco. Senz'altro negli ultimi tempi critica e pubblico sembrano essere particolarmente favorevoli a giravolte e cambiamenti improvvisi, ma la sterzata di Brian Leeds alla volta di un'ambient-music totale e senza compromessi va quantomeno applaudita per il coraggio e per il desiderio di non cedere alle lusinghe di una strada più sicura, benché forse meno stimolante. Dato però l'opportuno plauso agli intenti dell'operazione, quest'ultima ha bisogno di ben più di una semplice messa a fuoco per funzionare davvero.
Doppio vinile impostato su brani di lunghezza medio-lunga, dediti a un lento e ciondolante fluttuare in bassa fedeltà (caratteristica già propria di molti dei passaggi del precedente lavoro) l'album appare privo di ogni parvenza ritmica e melodica, che non sia qualche vaga linea di synth o qualche remoto accenno di pulsazione a mimare possibili accenni ambient-dub. "For Those Of You" ripudia, infatti, concetti come composizione o progressione, prediligendo invece una maggiore "spontaneità" di tratto, che si manifesta nella totale monotonia timbrica di ciascun pezzo, la cui durata pare non trovare logiche interne di alcun tipo. Altrove si è visto di citare il caso emblematico di "Do While" di Oval, con i suoi ventiquattro minuti a ergersi a emblema di un particolare tipo di elettronica minimale dalle caratteristiche immersive, priva di un reale sviluppo, e quindi di sfumature che consentano di individuare un'effettiva conclusione. Sono tratti indubbiamente riscontrabili anche nel lavoro di Huerco S., il quale non si esime dal troncare di netto i suoi brani, specialmente laddove l'effetto narcotico si rivela essere più potente e riuscito ("On The Embankment", ad esempio, forse la più "amniotica" tra le tracce dell'album, contraddistinta da un synth che ben dipinge l'aura di sospensione ricercata da Leeds).
L'album è insomma volto ad ottenere un effetto di ipnosi, di ottundimento dei sensi che solo le piccole, ma significative variazioni di timbro (maggiore enfasi sulle pulsazioni o sui synth qui, diminuzione di tono e maggiore appianamento sensoriale lì) riescono a definire in una sorta di narrazione, di discorso che ne giustifichi la suddivisione in brani. Il problema, però, si manifesta proprio in queste piccole variazioni, nella mancata coincidenza di intenzioni e risultati, laddove il tentativo di coniare un linguaggio dalle forti tinte oniriche spesso si traduce in una riprogrammazione di pattern sonori non propriamente contraddistinti da un sound assimilabile al contesto voluto (la corposità in chiave quasi industrial di "Lifeblood (Naïve Melody)", le striature sintetiche di "Kraanvogel", che con un'adeguata impalcatura ritmica avrebbero formato un ottimo brano tech-house).
Rispetto ai frangenti di maggiore distensione, la discrepanza si rende insomma evidente, si forma un piano parallelo che ben poco ha a che vedere con il nucleo ben più fluttuante, sospeso, del progetto, che dalla sua centra pienamente il bersaglio, garantendo pienamente l'aspetto immersivo dell'esperienza.
Tra momenti in cui veramente sembra di poter percepire la filigrana del migliore Oval, declinata ovviamente secondo criteri produttivi/sonori del tutto diversi ("Hear Me Out"), lente e malinconiche ninne-nanne per soli droni ("Promises Of Fertility"), e giochi di sottrazione in cui si riesce ancora a percepire quanto aveva animato i precedenti progetti (il pulsare soffocato di "Cubist Camouflage") il talento di Leeds è insomma cosa assodata. Serve giusto un pizzico di autocontrollo in più.
08/09/2016