Con il termine tassellatura si intende il sistema attraverso cui si ricopre un piano con una o più figure ripetute all'infinito senza sovrapposizioni e buchi tra loro. Per un maestro della gestione ritmica come Peverelist, producer al tempo tra i più innovativi e coraggiosi della seconda ondata dubstep, con un passato remoto nella jungle, un concetto del genere pare semplicemente cucito addosso. I tempi dei rave e delle scorribande sonore con Appleblim sono certo terminati da un bel pezzo, la Punch Drunk (sempre da lui fondata) nel frattempo ha ceduto il passo all'attuale Livity Sound e la ricerca del bristoliano si è spostata sulle innumerevoli possibilità di incontro tra techno e bass-music, tuttavia il discorso non cambia affatto. Artista di polso, raffinato interprete del loop e ideatore di complesse architetture a cavallo tra stili e tendenze, Tom Ford è un personaggio dalla visione fortemente geometrica, uno che intende l'approccio alla composizione come insieme di incastri, sequenze, pattern e alternanze, da inquadrare in un'ottica minimalista e fascinosamente ripetitiva. A otto anni dal suo primo e finora unico album “Jarvik Mindstate”, arriva infine “Tessellations” e la storia, per quanto attraverso un nuovo linguaggio e modalità realizzative comprensibilmente aggiornate, tiene fede alla storia del suo ideatore, nonché ai punti salienti della sua espressività. Se non tutto sempre funziona, la classe sopperisce in ogni caso alle mancanze.
In perfetta continuità con le direttive estetiche improntate all'etichetta da lui stesso fondata, il secondo album di Peverelist si pone quasi come una sorta di manifesto programmatico, di biglietto da visita di quello che è il pensiero della Livity Sound, delle sue linee guida. Per chi aveva lasciato Ford ai tempi delle sue sperimentazioni dubstep, è chiaro che il cambio di rotta improntato con questo disco suonerà non poco spiazzante (quanto a ricerca sonora, perlomeno), tuttavia nei nove brani di “Tessellations” non vi è alcuna volontà di rinnovamento, rispetto agli Ep e singoli pubblicati nel corso degli ultimi anni domina un assoluto clima di costanza e linearità produttiva. In questa decisione stanno sia il fascino che i limiti dell'intera operazione: indubbiamente si ha a che fare con un producer capace, un asso della trasfigurazione che sa sbriciolare le proprie influenze e compattarle in un suono del tutto personale, dotato di notevoli peculiarità timbriche e ritmiche. Si tratta però di peculiarità che risaltano al meglio nel formato breve/medio (tutt'altro che inconsueto nel campo produttivo di Ford) e che progressivamente svaniscono nel passaggio alla lunga durata, foss'anche i cinquanta minuti di questo lavoro. Non che si tratti di un disco faticoso o privo di momenti di interesse, tuttavia il sophomore di Peverelist rimane schiacciato da un modus operandi troppo simile a se stesso, che concede ben poche possibilità ad altre metodiche compositive, finendo col proporre una serie di cesellatissime, ma spesso alquanto sbiadite, variazioni sul tema.
Un riff micro-melodico di synth o di bassi mandati in loop per tutta la durata del brano (salvo qualche rara e comunque breve interruzione), incastri ritmici che rendono ben conto della mentalità geometrica di Ford, progressioni incrementali che si arrestano alla soglia del primo minuto, quando tutti gli elementi topici sono stati introdotti: è a partire da questo formulario (con la sola eccezione della conclusiva “Plateau”, outro giostrata soltanto su brevi linee di synth) che Peverelist concepisce i suoi brani, lavorando di volta in volta sui vari elementi. Negli episodi migliori è semplicemente trascinante: in “Still Early” si dipana tra spunti Idm e rimanda alla techno di Detroit costruendo un contesto in continua evoluzione, per supportare il vibrante ostinato sovrastante. “Sheer Chance Matters” esplora il lato più bass-oriented del producer catturando un'istantanea di pura e incompromissoria essenzialità, lasciando che siano proprio le pulsazioni dei bassi e qualche sparuto elemento di contorno a dettare il passo della traccia. “Slice Of Life”, poi, gioca con i volumi e i colori delle parti chiamate in causa, spostando l'enfasi dalle propulsioni techno di partenza alle sinusoidi sintetiche modificate ciclicamente nel tono. Per il resto, la situazione prende la via di un affascinante ma sostanzialmente prevedibile gioco delle parti tra gli elementi sopra citati, gioco in cui alla fine sono soltanto gli intricati pattern ritmici (testimoni dell'estrazione jungle di Peverelist) a dare in qualche modo spicco alle complesse iterazioni di Ford.
Nonostante una certa fatica nell'elaborare soluzioni sempre fresche di fronte a una scelta così restrittiva, le tassellature del producer bristoliano ne evidenziano in ogni caso la profonda indipendenza creativa e la stazza della sua visione techno, notevolmente difforme da quella dei suoi colleghi londinesi. È probabile che il meglio della sua discografia continuerà a essere pubblicato attraverso i 12'' a lui così cari, anche così, però, vale sempre la pena immergersi nei full-length di una delle personalità più singolari dell'elettronica britannica contemporanea.
15/08/2017