La scrittura, nonostante l'esercizio vagamente sghembo dei Foxwarren, non riesce a staccarsi dai pattern proposti in "The Party", risultando spesso una versione più debole, rimasticata dei pezzi precedenti. Così, anche gli arrangiamenti sono giocoforza più timidi, non trovando linee melodiche da evidenziare - non riescono i cambi di tono, peraltro presto interrotti per mancanza di una vera e propria melodia, di "Thirteen Hours", per esempio.
Il rifugio di Shauf in "The Neon Skyline" diventa così il gioco manieristico d'atmosfera: laddove "The Party" nascondeva anche un concept narrativo organico, questo nuovo album non riesce a trovare un'ambientazione vera e propria (fuori dalla generica dedica a una ragazza, vera o presunta), se non suggerendo vagamente le soffuse narrazioni notturne, da afterthought, del mito personale Randy Newman.
Disco infine inevitabilmente noioso, "The Neon Skyline" non ha che il merito di consolidare lo stile di Andy Shauf, ormai giunto a un grado di consacrazione che gli permette anche di vivere, almeno per un po', della propria fama più che della sua produzione effettiva.
(31/01/2020)