L’alchimia di uno strumento ammaliante che per la prima volta diviene unica voce con cui scolpire un immaginifico viaggio interstellare. Nate nel lontano 1928 quale pionieristica finestra sull’universo elettronico, le onde Martenot hanno mantenuto un ruolo marginale nella produzione musicale malgrado il profondo fascino del loro suono. Utilizzato da alcuni visionari autori quali Varèse, Scelsi e Parmegiani per poi finire nel dimenticatorio, lo strumento è stato riscoperto negli anni 90 attraverso l’opera di un circoscritto numero di virtuosi fino ad apparire in produzioni certamente meno di nicchia tra cui "Kid A" e "Amnesiac" dei Radiohead.
Tra i suoi maggiori interpreti troviamo la brillante pianista e compositrice Christine Ott, nota per essere stata parte dell’ensemble di Yann Tiersen e per le numerose collaborazioni con altri artisti di rilievo (This Immortal Coil, Tindersticks). “Chimères (pour ondes Martenot)” è il terzo lavoro solista prodotto dall’artista francese nell’arco di undici anni, prima opera interamente incentrata sulle evocative risonanze dell’apparecchio elettrofono.
Assecondando la naturale vena cosmica dei riverberi della tastiera monofonica e un’inclinazione per le sonorizzazioni che da sempre accompagna la sua scrittura musicale, la talentuosa ondista plasma otto atmosferiche traiettorie siderali capaci di presentare uno sfaccettato universo sensoriale fatto di sinuose movenze profondamente contemplative e dinamiche progressioni pervase da crescente tensione. Un territorio sonico visionario, che alterna spettrali piano sequenza (“Comma”) a convulse incursioni verso profondità oscure e accidentate (“Todeslied”), lievi danze di stille luminose (“Mariposas”) a ruvidi intermezzi pulsanti (“Pulsar”).
Quel che ne scaturisce è una navigazione astrale coinvolgente ed emozionante, un percorso narrativo marcatamente cinematografico che coniuga la fertile scrittura della Ott all’estro improvvisativo di Frédéric D. Oberland e Paul Régimbeau a cui è affidato il lavoro di manipolazione e filtraggio oltre alla produzione dell’album. Un’esplorazione futuristica dalle tinte vivide e vitali che affonda le radici nel passato, perfettamente visualizzata dal prezioso chimigramma di Fanny Béguély che campeggia in copertina. Lasciatevi rapire dalla magia del suono.
06/06/2020