Hey tomorrow people
How do you like it there?
How do you see yourself
And how does now compare?
Proprio noi, ascoltatori e ascoltatrici, siamo le persone del futuro a cui si rivolge in maniera molto suggestiva l’attacco di “Tomorrow People”, traccia di apertura del secondo disco solista di Jeremy Ivey. Mediante la formula appellativa allocutiva – “Hey tomorrow people” – ripetuta anaforicamente all’inizio di ogni strofa ci ritroviamo costantemente chiamati alla compartecipazione critica ed emotiva di quanto esposto nel testo del brano e ci sentiamo in dovere di cercare di dare anche solo una risposta all’incalzante sequela di domande che oscillano tra il retorico e l’ironico. Nella loro apparente semplicità gli interrogativi posti(ci) tradiscono però delle più irrequiete e profonde intuizioni, tramite le quali il cantautore statunitense sembra indurre chi ascolta a un lavoro di autoanalisi: tra la smaliziata curiosità nei confronti del sesso virtuale e l’atavico, inspiegato odio per la poesia appaiono infatti, come delle fulminee epifanie, l’ansia per la morte, la stigmatizzazione dei disturbi mentali e la crisi climatica.
La spontanea naturalezza con cui Ivey conversa con “la gente del futuro” si riscontra anche nelle altre nove canzoni di “Waiting Out The Storm” e le caratterizza sia dal punto vista contenutistico che formale. Alt-country, folk-rock elettrificato e Americana costituiscono la tela musicale su cui il cantautore pennella con pungente disinvoltura i drammi e le contraddittorietà della contemporaneità. E così tra le vignette tragicomiche di “Things Could Get Much Worse” e le scabrose strade di una moderna Babilonia, ritratte vividamente nell’energica “Paradise Alley” e in “Loser Town”, serpeggia il rifiuto di una visione manichea della realtà e sembra piuttosto venir suggerita una rete complessa di cause, moventi, circostanze, relazioni che possono condizionare e determinare l’agire umano.
L’interconnessione tra tutti gli individui è poi il fulcro della lunga ode “Someone Else’s Problem”, scritta di getto durante un volo da NY a Nashville insieme alla moglie Margo Price, presente in “Waiting Out The Storm” anche in veste di produttrice. Nelle dieci strofe i coniugi fanno sfilare davanti ai nostri occhi la miseria delle famiglie senzatetto, l’accelerazione dei cambiamenti climatici, i figli di immigrati imprigionati o assassinati da un agente di polizia razzista, e tentano di risvegliare un sentimento di umana empatia, troppo a lungo sepolto sotto le sfiancanti routine lavorative che caratterizzano la nostra quotidianità.
Le canzoni del musicista statunitense suonano tradizionali e moderne al tempo stesso. Il country sfrenato di “Hands Down Your Pocket” si riallaccia ai nomi canonici del canzoniere americano, mentre la commossa ballata “What’s The Matter Esther” potrebbe benissimo provenire dalle session del brillante “That’s How Rumors Get Started”. Sul piano testuale si notano invece una particolare cura fonica e ritmica e un’attenzione alle strutture metriche tradizionali, alle quali si unisce una vena letteraria più sperimentale. Nella traccia conclusiva, “How It Has To Be”, diverse linee temporali confluiscono in un eterno presente, liquido e sfumato, in cui il passato storico è tanto surreale quanto lo è l’illusionistica finzione poetica.
Neil Armstrong is walking with Mary Edwards
Talking about the love they found on Tinder
Crossing the street on the cold morning after.
Ma dietro la spontaneità e la naturalezza di questi bozzetti divertiti si cela ancora una volta l’arguzia dell’autore che mediante delle scenette inverosimili e improbabili riesce a illuminare tratti essenziali e ineluttabili della condizione umana:
Love and hate, they will wound you equally,
That’s how it works, that’s how it has to be.
“Waiting Out The Storm” non rappresenta una rassegnata attesa dell’apocalisse imminente – climatica o politica? – come il titolo potrebbe suggerire, ma è anzi un ultimo monito oracolare per l’umanità, un’invocazione al cambiamento e alla ricerca dei problemi che ci attanagliano. A solamente un anno di distanza dall’esordio e con un terzo disco in arrivo, Jeremy Ivey si conferma essere una nuova, rilevante voce da ascoltare all’interno del circolo del cantautorato statunitense.
16/10/2020