Esplorare, viaggiare, leggere, collaborare e lanciarsi in progetti sempre nuovi, senza fermarsi mai: il percorso artistico di
Lafawndah sta assumendo proporzioni sempre più multimediali, travalicando i confini prettamente musicali per i quali dovrebbe essere meglio conosciuta. Il suo è un animo tanto meticcio alle proprie radici identitarie quanto onnivoro di stimoli culturali sempre nuovi. Curioso anche il rapporto col mondo della moda; se una delle sue principali ispiratrici -
Bjork - in passato ha trovato uso tanto per gli opulenti ricami di Gucci quanto per le intricate creazioni della stilista olandese Iris Van Herpen, Lafawndah, dal canto suo, è come una guerra di tendenze, tessuti e selvaggio
colour blocking, dove
haute couture e
high street sono tenute in continuo dialogo tra loro.
In linea con tali suggestioni, "The Fifth Season" prende il nome dal primo capitolo di una trilogia di libri dell'autrice americana N.K. Jemisin, creazione a cavallo tra fantasy e sci-fi dove la Terra è composta da un unico continente nel quale, ciclicamente, una quinta stagione porta forti cambiamenti climatici che compromettono le delicate strutture sociali dei suoi abitanti.
Ma Lafawndah sovverte un racconto ricco di spunti, facendo di "The Fifth Season" il suo lavoro più calmo, oscuro e imperscrutabile, quello dove l'animo inquieto lascia il posto a spazi meditativi ed esplorazioni strumentali. Un ascolto lento, vischioso e di difficile presa, ma anche d'effetto nella sua compattezza, come una serie di ambienti naturali catturati in una diapositiva scattata appena un attimo dopo l'imbrunire. Si veda a tal proposito "The Stillness", oltre otto minuti di imperscrutabili paesaggi esoterici, segnati da un minaccioso crescendo di tuba e trombone a cura di Theon e Nathaniel Cross, e il bellissimo lavoro timbrico delle percussioni di
Valentina Magaletti, che riesce a dare ai suoi strumenti un lirismo quasi umano.
Ottoni, tastiera e percussioni accompagnano anche le rimanenti tracce, dall'apertura di "Old Prayer", passando per la suggestiva doppietta "Don't Despair" e "You, At The End", con la voce che illumina paesaggi desolati come un faro nel buio.
Difficile indovinare dove andrà a parare in futuro l'arte di Lafawndah, e se a questo primo capitolo seguiranno gli altri due episodi che completano la trilogia di Jemisin - chissà se il tutto non possa diventare addirittura una colonna sonora! Il solo "The Fifth Season" è già acuto e misterioso - basti osservare l'allegorico videoclip di "Le Malentendu", espanso a un cortometraggio di nove minuti. Solo il tempo saprà dirci cosa frulla nella testa di Lafawndah, queste stralunate suggestioni riescono a infilarsi sotto pelle con calma sibillina e far sì che la curiosità nei confronti dell'autrice sia ancora ben viva nell'immaginario del suo pubblico.
19/11/2020