Hanno soli quattro anni di carriera alle spalle, ma si è rivelato un intervallo di tempo più che sufficiente perché i SE SO NEON diventassero tra le band più rilevanti del fervido circuito indie coreano: tra vittorie prestigiose ai Korean Awards, una presenza scenica di sicuro impatto e un approccio compositivo solidamente rock, ma capace di spaziare tra i generi, il terzetto capitanato da Hwang Soyoon (che ha già avviato nel mentre pure il suo percorso solista), anche a non avere chissà quale discografia ha fatto tantissimo per costruirsi una reputazione solida, tanto che non ci è voluto molto perché il suo nome facesse il giro dell'Asia. Alla volta del secondo mini-album, il trio dà piena prova del suo valore, e con “Nonadaptation” amplia lo spettro della propria visione, per offrire un saggio di indie-rock versatile, espanso, tanto abile nel maneggiare i costrutti del funk quanto seducente nel rallentare e sfruttare atmosfere più sospese. Di questo passo, chissà quali saranno le sue prossime mosse?
In attesa di saggiarli anche in un eventuale album (non il formato preferenziale in Corea), i tre mettono in risalto la solidità di un linguaggio che sa come evitare le trappole della consuetudine e spingere convintamente nella direzione di un ibrido stilistico tanto solido sulle sue fondamenta chitarristiche (la conclusiva “E” a offrire un energico blues strumentale, memore della lezione elettrica dei primi, leggendari,
Sanullim) quanto saldo nelle molteplici deviazioni, che ne accentuano il brillante dinamismo.
Su tutto si impone il timbro androgino di Hwang, interprete tra le più mature e sensibili della sua generazione, uno squarcio nella notte, che ammanta di una dolorosa sensualità le interpretazioni, quasi come se una
soulwoman di razza si trovasse intrappolata in un mondo d'incubo. Ma non sono di certo allegri i passaggi testuali dell'album, specchio di una gioventù coreana alquanto disillusa, stanca di gerarchie e di pressioni che poco fanno se non appiattire e ingrigire tutto.
Meglio quindi scegliere di non partecipare a questo sistema, di optare per un coraggioso (quanto necessario) non-adattamento, come lo stesso titolo del disco recita: poco importa che si potrà restare vittime di un inverno senza scampo (la
ballad “Winter”, comunque contrassegnata da un sotterraneo
groove psych-funky, quasi alla
MGMT), che il mondo circostante ci squadrerà dall'alto al basso, restio a riconoscere la nostra euforia. Tanto vale ballare al ritmo della propria anima, esprimere la gioia contenuta nel cuore (“Dong”, uno scintillante garage che sa tramutarsi in un incantevole scenario sintetico), gridare il proprio dolore con tutta l'eleganza di cui si è dotati (i flauti dispersi tra le suadenti geometrie di basso di Hyunjin e gli stacchi di batteria di U-su), non si ha poi troppo da perdere.
Forti di una libertà che sa prendere anche affascinanti vie traverse (l'inatteso cambio di marcia di “Stranger”, che spezza l'attitudine
dreamy in un vorticoso crescendo strumentale), quanto di un crescente successo di pubblico che li ha spinti in alto nelle elusive classifiche nazionali (numero tredici), i SE SO NEON sono pronti a farsi carico delle preoccupazioni e delle occorrenze di un'intera generazione, compattandole in un sapiente amalgama rock. C'è da aspettarsi davvero molto da loro.
21/11/2020