Sparks - A Steady Drip, Drip, Drip

2020 (BMG)
art-pop, glam

Non sono molti gli artisti che possono vantare cinquant'anni di carriera in piena salute creativa: senza dubbio l'album di inediti di Bob Dylan si preannuncia interessante e pronto a smuovere un mercato asfittico, i Rolling Stones attendono la celebrazione dei sessant'anni di attività per pubblicare un disco già pronto e nel frattempo intrattengono come nessun altro il loro pubblico con esibizioni live pubbliche e private. Ovviamente ci sono anche stelle scomparse anzitempo, Bowie, Cohen, Prince, ma ora è giunto il momento di celebrare altri onorabili veterani della musica rock, i sottovalutati Sparks.

Famosa soprattutto, e purtroppo spesso solo, per una sempre attuale "This Town Ain't Big Enough For Both Of Us" e per il baffo alla Hitler di Ron Mael, la band americana dal 1971 ha inciso ben ventiquattro album tra loro alquanto diversi e stimolanti. Gli Sparks non hanno mancato l'appuntamento con questo tormentato terzo millennio, caratterizzandone l'evoluzione con dischi dalla lucida premessa concettuale, prima con il manifesto del romanticismo post-industriale "Hello Young Lovers", poi con il capolavoro di interazione e integrazione di forme artistiche complementari (cinema, radio, teatro, concerto) di "The Seduction Of Ingmar Bergman".
A questo punto, lo stravagante e geniale ritorno alla musica pop nel 2017 con "Hippopotamus" è sembrato quasi un ultimo tentativo, molto ben riuscito, di ricucire un rapporto d'affetto e passione con il pubblico che non si era in verità mai sopito. Un ritorno al pop caratterizzato da forma e sostanza.

"A Steady Drip, Drip, Drip" potrebbe apparire come un logico e prevedibile seguito di tanta benevolenza, ma quel che i due fratelli Ron e Russell Mael hanno elaborato in questi ultimi tre anni è un capolavoro di sintesi che non solo celebra tutte le passioni e le suggestioni artistiche che hanno animato il loro lungo percorso, ma addirittura le proietta nel futuro con una verve che di solito bacia solo gli esordienti.
Non ci vuole molto a capire da che parte vada a parare il nuovo album degli Sparks: l'introduzione affidata alla splendida "All That" ribadisce un concetto espresso per altri musicisti egualmente carezzati dal sacro fuoco dell'ispirazione. Non tutto quel che sembra simile è uguale, il power-pop in stile Beatles che introduce "A Steady Drip, Drip, Drip" è destinato a restare nella mente per un lungo periodo, e in un panorama di belle canzoni non sempre memorabili, che siano benedetti gli Sparks per avere ancora il tocco magico.

Fermi tutti, non è mica finita qui: ci sono ben altre tredici canzoni, e almeno tre o quattro capolavori. La stratificazione chamber-idiot-pop di "Stravinsky's Only Hit" è l'omaggio più geniale e irriverente che la band potesse fare al compositore russo: la teatralità da operetta è si bizzarra, ma altresì travolgente. Allo stesso modo l'estro vocale di Russell Mael non poteva trovare miglior terreno sul quale prosperare del funambolico pop barocco di "Onomato Pia", ed è toccante la velata malinconia con la quale "One For The Ages" prova a descrivere il tormento di uno scrittore in cerca del successo.

Anche i testi confermano lo stato di grazia della band, ironiche riflessioni sul tradimento incorniciate da un elettroacustico chamber-pop ("Sainthood Is Not In Your Future"), ansia e depressione esorcizzate con trame ora più rock ("I'm Toast"), ora ricche di giri armonici spocchiosi e sberleffi sonori e vocali ("The Existential Threat") e un grottesco ritratto della timidezza in chiave pop-rock ("Self-Effacing") integrano con nuovi interessanti personaggi il già cosmopolita affresco sociale dei fratelli Mael. Ed è altrettanto pungente lo sguardo con il quale gli Sparks raccontano le ossessioni della modernità ("iPhone", "Lawnmower"), le paure sul futuro ecologico dell'umanità ("Please Don't Fuck Up My World"), che tra svolazzi di synth e arie orchestrali scivolano con leggerezza, lasciando trasparire più di un pensiero e di una riflessione, dietro la gigioneria estetica della formula musicale del gruppo, che in passato è stata tentata anche dalla disco di Giorgio Moroder, la quale riecheggia con vellutato romanticismo in "Left Out In The Cold" e con un deciso piglio synth-pop nella flessuosa "Pacific Standard Time".

"A Steady Drip, Drip, Drip" è comunque un tassello di un progetto più ampio, che avrebbe dovuto coinvolgere il nome degli Sparks su più fronti: un documentario sulla band ad opera di Edgar Wright, il musical "Annette" in cooperazione con il regista francese Leos Carax, ma con i problemi causati dal coronavirus tutto è stato spostato a data futura, compresa la pubblicazione in formato fisico di questo gioiellino, pubblicato temporaneamente solo in digitale.
Un altro cult-album per la formazione americana e un altro sicuro candidato alla sintesi di fine anno. Gli Sparks sembrano intenzionati a stupirci ancora per molto, molto tempo. Dio li benedica.

26/05/2020

Tracklist

  1. All That
  2. I'm Toast
  3. Lawnmower
  4. Sainthood Is Not In Your Future
  5. Pacific Standard Time
  6. Stravinsky's Only Hit
  7. Left Out InThe Cold
  8. Self-Effacing
  9. One For The Ages
  10. Onomato Pia
  11. iPhone
  12. The Existential Threat
  13. Nothing Travels Faster Than The Speed Of Light
  14. Please Don't Fuck Up My World






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