Uscita alquanto oscura dal fronte Lady Sometimes Records: l'etichetta cult per tutto il versante shoegaze-noise pop, con la pubblicazione di "Terminal" dei submeet - da scrivere doverosamente in minuscolo, come certi nomi sacri del giro - ci consegna un lavoro con i piedi ben saldi nel più torvo post-punk. Il trio di Mantova (composto da Zannunzio al basso e voce, Andrea Guardabascio alle chitarre e voce, e Jacopo Rossi alla batteria e voce), la cui unica precedente prova discografica è l'omonimo Ep del 2017, dopo gli elogi internazionali - vedi la richiesta dei Preoccupations di volere il gruppo al Covo di Bologna, ma anche la segnalazione su Consequence Of Sound - giunge al fatidico disco d'esordio.
Per quanto il titolo dell'opera e l'iniziale opening ci portino subito dentro uno dei non-luoghi per eccellenza stando agli studi dell'antropologo francese Marc Augé (ovvero l'aeroporto), "Terminal" prende linfa da un discorso più ampio, stando alle parole stesse della band: "Il luogo a cui ci siamo ispirati è l'aeroporto. Non uno in particolare, ma l'immaginario di tutti gli elementi che compongono l'esperienza del viaggiare tramite il volo". Un nido prediletto dove il terzetto mantovano sfoga tutta la violenza sonora, la rabbia dei testi e le cupe ossessioni contemporanee.
Superata l'introduzione ambientale di "190720_0004", eccoci arrivare in pieno petto il persistere pneumatico degli strumenti che intrecciano "Terminal", title track e singolo scelto per presentare l'opera al pubblico: pochi battiti e siamo subito dentro il mondo sonore dei submeet, dove si sente la presenza dei sopracitati alfieri canadesi del post-punk ma anche quella dei Daughters, soprattutto per i clangori industrial. Tensione, furia e ispirazione che rimarranno a tale livello per tutti i quarantacinque minuti dell'opera, fino al gran climax finale di "Audiodrome", un lungo e devastante incubo, capace di chiudere nel migliore dei modi il viaggio, nonché uno dei pezzi più belli durante i live: vedere per credere.
In mezzo, troviamo la tormentata e distorta sosta al "Capsule Hotel", la furia irrefrenabile del secondo singolo "Nimby" e le dissonanze di "Makkahtronic". In un periodo in cui il post-punk vive una nuova giovinezza, è bello trovare tra i nomi internazionali più celebrati un gruppo italiano che non ha niente da invidiare ai colleghi. Anzi.
24/01/2020