Non c’è dubbio, Zach Condon sa come catturare i cuori. Il passo solenne e malinconico di fiati e organo che apre il nuovo album “Hadsel” ridesta sensazioni ed emozioni che, seppur familiari, riescono ancora a sorprendere.
Con l'ormai consolidata cadenza temporale - quattro anni di distanza tra ogni album - l’ascetico ed errante compositore chamber-folk aggiorna l’affascinante diario di viaggio, esplorando le bellezze di una lontana isola norvegese (Hadseløya), immergendosi in suoni e atmosfere di un paesaggio in cui sacro e profano si abbracciano in silenzio.
Il sesto album dispensato sotto il moniker di Beirut è il più ispirato dai tempi di “The Rip Tide”, un oceano di suoni dominato dall’aulica presenza di un organo di legno scovato dal musicista in una vecchia chiesa mentre cercava conforto a difficoltà fisiche (problemi alla gola) e mentali (depressione dopo il blocco dell’attività live). Strano a dirsi, il tono austero di organo e fiati è talmente congeniale all’etica artistica di Beirut al punto da far apparire qust'ultima nuova e antica nello stesso tempo, come se il musicista avesse inseguito per anni un corpo sonoro che in “Hadsel” trova il perfetto equilibrio creativo.
Il supporto di sintetizzatori, corno francese, trombe, drum machine e shaker è foriero di ulteriori suggestioni emotive. Inoltre, il caldo timbro da crooner di Condon e l’incedere maestoso degli arrangiamenti suggellano il potente racconto dell’autore, un diario che si apre con l’avvento della pandemia. "Avevamo tanti amici", canta Zach in “So Many Plans”, mentre voci angeliche, trombe e ukulele intonano una danza neo-pagana, che si riapre alla speranza con eguale forza in "The Tern” ("Non è troppo tardi per scoprire dove sei").
Nel cercare risposta nel silenzio dell’isola norvegese, cullato dall’estatica bellezza di montagne innevate e dal brontolio della pioggia, Beirut mette a punto un album compatto e fortemente ispirato. Lussuose armonie vocali disperse in eleganti corpi ritmici tribali (“Arctic Forest”), possenti ma mai ridondanti ballate dal tono epico (“Stokmarknes”), un uso più calibrato dell’elettronica (“Spillhaugen”) e nuove sorprendenti forme di folktronica (“Süddeutsches Ton-Bild-Studio”) rimarcano la ritrovata magia del cantautore americano.
“Hadsel” è un disco in perfetto equilibrio tra tangibilità (“January 18th”) e immaginazione (“Regulatory”), un lavoro che reinventa la poetica di Beirut, in passato scandita dall’amore per la musica balcanica, senza però alterarne l’essenza.
05/12/2023