Lo avevamo lasciato alle prese con una dinamica fusion di jazz, funk, r&b, hip-hop, soul e Idm, ma per il tastierista già noto per aver fondato la band degli Ezra Collective, ci sono nuove frontiere e nuove sfide da affrontare, questa volta con la complicità di Maxwell Owin e di una serie di ospiti pronti ad assecondare la natura cangiante di “Archetype”.
Elegante e priva di derive manieristiche, la moderna fusion espressa nel precedente disco del 2019 “Turn To Clear View” continua a essere materia prima di questo nuovo album, frutto di un lungo lavoro di composizione ed elaborazione condivise in pieno con Owin. Un disco che, anche nelle pagine che trasudano di improvvisazione e free-spirit, si avvale di una cura e di una perfezione tecnica che non scalfiscono la potenza delle canzoni.
Sono stati necessari ben sei anni di lavoro e di continuo adeguamento per poter consegnare al pubblico un progetto che, scavando nel passato e nella storia più nobile della musica jazz, soul, hip-hop ed elettronica, ne rivitalizza non solo lo spirito più avventuroso ma anche quello destinato a definire nuovi canoni per future escursioni musicali. Disco dalle molteplici anime, “Archetype” scuote l’ascoltatore con aliene forme ritmiche, radicate nella profondità degli elementi culturali messi in gioco da Joe e Maxwell (l’eccellente e palpitante “Lost In The Function”) e si spinge oltre i confini leciti nell’avventurosa e impertinente divagazione breakbeat-jazz di “Rago’s Garage”, con uno straordinario intervento di Shabaka Hutchings.
Le varie collaborazioni sparse nel progetto sono funzionali allo spirito delle composizioni. La voce di Fatima è la ciliegina sulla torta di una delle canzoni più melodiche dell’album, “Don’t Tip Me Over”, ed è difficile immaginare a supporto del greve passo armonico di “Grief una voce che non sia quella di Lex Amor, idonea a sottolinearne le infinite sfumature ritmiche e melodiche.
La complessità degli elementi messi in gioco costringe a un ascolto e a un’analisi non superficiale. Joe Armon-Jones e Maxwell Owin esplorano con audacia le possibilità offerte dal campionamento di strumenti e voce in “Ode 2 Reverb”, affondano le mani nelle sonorità dubstep per un affascinante e sensuale groove (“Ikigai”), anche se l’essenza del progetto è racchiusa nei cinque minuti della title track, archetipo, idioma ed epicentro di quell’algida follia creativa che i due musicisti hanno profondamente condiviso con O The Ghost, e che infine rappresenta il centro nodale di un album che nel mostrare la profonda connessione tra presente e passato, rinnova l’attenzione sulla natura mutevole e ispiratrice del jazz. Quella stessa natura intercettata da Herbie Hancock, autentico punto di riferimento per le felici intuizioni di Joe Armon-Jones, musicista che si dimostra capace nel mettersi continuamente in gioco, rinunciando a una più tranquilla comfort zone stilistica.
10/12/2023