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Lantern

2006 (Talitres)
post-rock

Nata da una costola dei The National per opera di Bryce Dessner (chitarra e ukulele) e Padma Newsome (archi) — coadiuvata da Rachael Elliott al bassoon e alla melodica e da Thomas Kozumplik alle percussioni - la band newyorkese, ormai al suo quarto album, si muove con maestria tra sospensioni classicheggianti, echi post-rock e richiami avant-folk.
"Lantern" è molto probabilmente la maturazione definitiva della loro estetica, la chiave di volta di un suono delicato, crepuscolare e pur tuttavia austero.

Aperto da "Kapsburger", una rilettura di una composizione per liuto dell’omonimo musicista cinquecentesco, "Lantern" procede con prodigiosa eleganza e perpetuo candore nell’indagare i moti più reconditi del cuore, le minuzie dell’animo che trasfigura la sua magia in un paesaggio autunnale, al calar del sole.
E’ una musica che naviga come un vascello tra acque tormentate ("Canon"), che scricchiola dentro tessiture microscopiche, cercando la redenzione con crescendo vorticosi ("Death And The Maiden"), oppure rassegnandosi al gioco delle rarefazioni e delle timbriche, quando cercano di individuare possibili visioni esoteriche ("Compass").
Rispetto ai lavori precedenti, in cui le composizioni erano affidate o al solo Newsome oppure alla sua collaborazione con Dessner, questo nuovo disco è nato da un lavoro di gruppo, e lo si avverte soprattutto nell’armonico intrecciarsi degli strumenti, sfavillanti di carica sensuale nella radiosa "5/4" (con il violino che raggiunge vette di assoluto lirismo) o raccolti in una spirale di memorie inquiete tra le pieghe di "2:3:5".

Musica da ascoltare a occhi chiusi, da gustare con il cuore più che con la mente.
Un lungo viaggio a ritroso, nelle zone di penombra che farfugliano parole incomprensibili.
E per cui, anche una sola lanterna accesa, timidamente accesa, potrebbe bastare a mostrarne il portento e il mistero.
Come la piccolissima figura di piano che ostinatamente si ripete nella title track, tra le fragilissime parole cantate da Newsome, così le stesse corde pizzicate di "Tides Of Washington Bridge" o quelle che dialogano con gli archi in "Fiddlegree" delimitano un campo d’azione "minimo", fatto di emozioni tanto delicate quanto subdole nel giocare con la nostra condizione di umili mortali.
Alla confluenza tra musica da camera e fiammeggiante elettricità spaziale, si situa, invece, la meditazione esuberante di "The Song Of The Cricket", mentre la frenesia controllata di "Voisins" sembra portarci direttamente tra i solchi di un vecchio disco della Penguin Café Orchestra.

Ogni piccola sfumatura assume un’intensità e una rilevanza immaginifica sorprendenti. Insomma, se ancora non fosse chiaro, "Lantern" è un disco dannatamente prezioso e meritevole di affetto.
Perché, come sembra sussurrarci il piano solitario di "Tides (Piano)", niente è così vitale, a volte, come il vortice destabilizzante della malinconia.

18/04/2006

Tracklist

  1. Kapsburger
  2. Canon
  3. 5/4
  4. 2:3:5
  5. Death and the Maiden
  6. Lantern
  7. Tides of Washington Bridge
  8. The Song of the Cricket
  9. Fiddlegree
  10. Compass
  11. Voisins
  12. Tides (Piano)

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