Staves

Dead & Born & Grown

2012 (Atlantic)
folk-pop

La stagione della caccia alla pernice è aperta. Nell’estremo tentativo di posporre la fine dell’agonia, le major tentano di accaparrarsi i più innocenti virgulti del folk-pop inglese (ma che guardi però a radici americane come a un prêt-à-porter vintage) per mandarli alla carica armati di armonizzazioni vocali tendenti all’esibizionismo e a un sentire, in questo caso, Mitchell-iano un po’ “vitreo” e revivalistico.

Già classificate come possibili e probabili nuove First Aid Kit (“Gone Tomorrow”), le Staves sono tre sorelle di Watford. Come accade genericamente nel montare dei nomi nella perfida Albione (cioè spesso si conoscono prima di uscite di rilievo), è già qualche anno che il trio fa parlare di sé. Qualche pubblicazione di minore entità, qualche concerto (in uno dei quali il berciare di un amico portò alla denominazione attuale delle tre, ossia una storpiatura del loro cognome), infine (dopo il 2009, anno di uscita di “Sigh No More”) un sempre più fitto dialogo con etichette varie e la richiesta di contribuire con i backing vocals a “Praise And Blame”, ultimo album di Tom Jones. È in questa occasione che conoscono Ethan Johns, figlio d’arte del leggendario produttore Glyn; entrambi le accompagneranno nella registrazione del loro primo Lp, “Dead & Born & Grown”, già presentato per tutta Europa accompagnando Bon Iver nel suo ultimo tour. I fondi vengono in questo caso dalla Atlantic, con la quale le sorelle sono sotto contratto dal 2011.

Un disco di certo mai sopra le righe, ma alquanto fiacco, animato da quella sornionità felina che spesso si confonde per l’espressività di Joni Mitchell. Non si sognano mai di tentare una zampata, le Staves. Si accontentano di un’eleganza revivalistica, del tipo “la buona musica di una volta”.
Appoggiandosi con composizioni dimesse, impalpabili, alle spalle della tradizione, le tre inglesi pensano, anche giustamente, di non correre pericoli. Fugaci impressioni bucoliche (“Eagle Song”), a cappella tanto impeccabili quanto insipidi (“Wisely & Slow”), molli ancheggiamenti blues cantati col bicchiere in mano (“Pay Us No Minds”), l’immancabile (!) stornello all’ukulele (“Facing West”).

Ma il tutto suona tristemente preconfezionato, come un preparato per torte cotto in un forno a diciotto funzioni, come una linea di costumi da bagno di Rihanna sponsorizzata da Dolce & Gabbana. Il trucco può abbagliare per non più di qualche minuto.

19/11/2012

Tracklist

  1. Wisely & Slow
  2. Gone Tomorrow
  3. The Motherlode 
  4. Pay Us No Mind
  5. Facing West
  6. In The Long Run
  7. Dead & Born & Grown
  8. Winter Trees
  9. Tongue Behind My Teeth
  10. Mexico 
  11. Snow
  12. Eagle Song


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