Angil And The Hiddentracks

Angil And The Hiddentracks

L'hip-pop da camera

intervista di Marco Sgrignoli e Alessandro Nalon
Con la loro formula a metà tra cantautorato, hip-hop e musica da camera, gli Angil & The Hiddentracks sono stati nel 2007 tra le rivelazioni del mondo indie francese.
Abbiamo ascoltato e apprezzato molto il loro album "Oulipo Saliva" e, incuriositi, abbiamo contattato il
leader Mickaël Mottet.

Innanzitutto, chi sono "Angil and the Hiddentracks? Il disco fa capire che si tratta di una band piuttosto particolare in fatto di strumentazione, ma abbiamo letto che anche i membri hanno dei background molto differenti fra loro. Quanti sono i musicisti che compongono il gruppo, cosa fanno nella vita e qual è la loro formazione musicale?

"Angil" è il nome che utilizzo per comporre canzoni da circa 15 anni. Gli Hiddentracks sono un collettivo di musicisti piuttosto eteroclito, sì! Su 12 Hiddentracks, ci sono due professori di musica, due traduttori, un assistente sociale, un disegnatore di fumetti, un ingegnere acustico, un pilota d'elicottero...
Alcuni Hiddentracks sono amici di cui amo particolarmente le idee per la mia musica, anche se loro non sono musicisti particolarmente ferrati. Altri sono "specialisti" che ho incontrato per conoscenza, o dopo dei concerti per esempio.

Come è nata l'idea del gruppo?
Ho avuto l'idea di formare questo collettivo per fare di ogni performance un momento unico. Non amo la ripetizione: fare due volte lo stesso concetto è una cosa che non mi interessa. D'altra parte, questa è la filosofia dei gruppi che ho preferito dal vivo (per esempio gli Yo La Tengo). Gli Hiddentracks abitanto un po' dappertutto in giro per la Francia: ne approfitto per invitare di volta in volta dei componenti diversi ai concerti.
La prima volta che gli Hiddentracks si sono riuniti al completo è stata quando abbiamo registrato "Oulipo Saliva".

Come nascono le canzoni? Ci sono delle parti strumentali piuttosto complesse: sono create assieme a quelle vocali, il "rap" viene prima, o piuttosto il contrario?
Ho cominciato scrivendo le parole, con una limitazione: niente "E". I testi mi sono stati di ispirazione per il modo di usare la voce, sia dal punto di vista ritmico che da quello melodico, e la musica è seguita in modo naturale.
Ho composto inizialmente al piano e alla chitarra, poi sono passato alla batteria, agli archi, agli ottoni e ai legni (gli strumenti "protagonisti" di quest'album erano per me sassofono, trombone e clarinetto). Il resto è stato composto in fase di registrazione dagli Hiddentracks.

L'album è stato registrato in 18 giorni, e se abbiamo ben capito, prima le canzoni ancora non esistevano. Come avete proceduto? Qual è stato il ruolo dei diversi membri durante la composizione?
Le canzoni esistevano, avevo inviato delle versioni acustiche a tutti i musicisti qualche mese prima delle due settimane di registrazione. Assieme, c'erano degli arrangiamenti scritti, idee teoriche sull'album e una compilation di vari artisti per inquadrare meglio il suono, lo spirito di "Oulipo Saliva". Sul cd c'erano, fra gli altri, The Instruments, Castanets, Edison Woods, Sun Ra, Booker Little, Trygve Seim, Why?...
Considero la scrittura solo una metà della composizione: l'altra metà è il momento dell'esecuzione. Alcuni Hiddentracks preferiscono avere delle parti scritte per filo e per segno (gli archi, ad esempio), il loro apporto è dunque l'interpretazione che danno alle mie partiture. Altri (ottoni e legni) sono più creativi: una volta afferrata l'idea, improvvisano, apportano degli elementi personali e delle proposte (che accetto... oppure no!).

Come conciliare le esigenze di ognuno per portare la band in concerto o in tour? Quali sono le variazioni dalla musica del disco a quella dei live?
Mi capita alle volte di fare dei concerti da solo, ma in genere abbiamo un nucleo fisso di quattro musicisti: batteria, contrabbasso, tastiera e piatti, chitarra e canto. Invitiamo uno o due Hiddentracks, a seconda della città in cui siamo. Non è troppo frustrante per i musicisti non vedersi spesso, perché sanno che è così che funziona la cosa, e in generale hanno anche altri progetti collaterali.
Per il live, abbiamo completamente ripensato le canzoni di "Oulipo Saliva". Era necessario: non si poteva fare in 6 quello che era stato registrato in 13! Abbiamo dunque creato delle versioni più "serrate", lavorando sulla dinamica: a volte molto rock, a volte al limite del silenzio. Lasciamo sempre anche una parte all'improvvisazione, per metterci un po' "in pericolo" e avere sempre qualche sorpresa.

Sul tuo myspace sono indicate delle influenze parecchio varie. Qualcuna è abbastanza evidente, ma altre sembrano più nascoste. John Coltrane, John Cage, Lisa Germano... Come hanno ispirato il tuo approccio?
Artisti come Lisa Germano, Stina Nordestam o Kim Deal (o molto semplicemente i Beatles) mi hanno ispirato nel gusto delle canzoni. Ciascuno ha un suo modo di "pasticciare" gli arrangiamenti, di giocare con la sorpresa, ma alla base c'è sempre una vera canzone.
Di Cage o Coltrane (... o dei Beatles!) mi interessa l'importanza che danno al rischio. In musica amo l'inaspettato, e sono sempre molto impressionato dai gruppi che riescono ad abbinare le due cose: pericolo e composizione; è un po' come riuscire a mettere della poesia nella prosa. I Broadcast sono un buon esempio...

E... Raymond Queneau, Pérec, l'OuLiPo? Abbiamo sentito di un giochetto con le "E"... Pensi che le "limitazioni" abbiano avuto un effetto positivo sull'album? Sei condizionato dall'approccio "strutturalista" del movimento?
Scrivere con questa limitazione è stata per me una grande liberazione, dopo un primo album ("Teaser For: Matter") in cui avevo la sensazione d'aver detto un sacco di cose. La scrittura sotto costrizioni è stata talmente stimolante che ho scritto i 10 testi di "Oulipo Saliva" in pochissime settimane. Ho potuto verificare di persona quello che Pérec aveva scritto a proposito del suo romanzo senza "E", "La disparition": "La libertà sta nelle costrizioni"…
Le limitazioni mi interessano molto, se riescono a portare qualcosa in più. Bisogna cercare di non ricadere in qualcosa di sistematico, ma un limite può davvero essere un motore, una fonte di ispirazione (anche se può sembrare paradossale). In generale, amo molto l'approccio ludico alla composizione quando è sfruttato con intelligenza, come ha fatto Smog nei suoi ultimi album. Si può essere seri nel proprio rapporto con la musica e contemporaneamente amare il gioco...

Si direbbe che tu sia affascinato dalla musica scandinava: Tryggve Seim, Stina Nordenstam, Hanne Hukkelberg... Potresti parlarci di questi artisti? Conosci/apprezzi i gruppi associati all'etichetta Rune Grammofon (molto stimata sulla nostra webzine)?
Trygve Seim è un sassofonista norvegese. Ha fatto un album che trovo incredibile, "Different River". È raro riuscire a giocare così bene col silenzio (senza risultare stucchevoli). Mark Hollis ha saputo farlo molto bene, Trygve Seim è il suo degno erede - in qualche modo - grazie a quest'album. Mi piace molto questo modo di giocare col soffio, come Miles Davis in alcuni suoi dischi: è da qui che viene la parola "Saliva" nel titolo dell'album.
Stina Nordenstam mi affascina. Non conosco canzoni più profonde: ogni nuovo ascolto rivela un dettaglio a cui non avevo mai fatto caso prima. E poi, la sua voce... È un po' come se mettesse in pratica quello che Arvo Pärt ha scritto a proposito del suo "Spiegel im Spiegel": la musica è un diamante, ma da solo è completamente bianco, brilla solo quando passa attraverso il "prisma" dell'ascoltatore.
Hanne Hukkelberg è quel genere di scoperta che mi rende particolarmente contento: ecco un'artista che mi parla direttamente. Ho l'impressione di comprendere la sua musica, di cogliere essattamente quello che aveva in mente. Il suo primo album "Little Things" è pieno di perle, è veramente un'artista che fa la mia felicità.
Conosco male la Rune Grammofon, mi interesserò al piu presto!

Sei un buon conoscitore della scena Anticon? Quali sono i tuoi album preferiti?
Gli album di Why? superano tutti gli altri, per me. È un autentico genio. Non sono molto oggettivo, ma penso stia rivoluzionando il pop...
"Selling Live Water" di Sole è impressionante, è un fondamento su nuovi terreni... In genere, mi piacciono molto anche le cose di Doseone, che sa mettere la sua tecnica al servizio di qualcosa di molto poetico. A mio avviso il suo capolavoro è in "Drawbridge", una canzone di Aesop Rock (che è uscito su Mush...).

Quanto ti consideri "hip-hop"? Che ne pensi della situazione attuale del genere e della musica in generale?
Amo l'approccio ritmico che l'hip-hop mi obbliga ad avere nell'interpretazione e perfino nella scrittura dei testi. Quello che scrivo si fa sempre più "rivendicativo" col passare degli anni: l'hip-hop è un linguaggio piuttosto appropriato per cose di questo genere. I miei testi sono spesso pieni di citazioni, allusioni, reazioni: cerco di creare delle immagini-movimento, come scriveva Gilles Deleuze. Se fosse ancora vivo, sono sicuro che Deleuze sarebbe un grande amante dei Programme.
Il rap è un sintomo della nostra epoca: siamo entrati nel postmodernismo musicale, a partire dall'inizio degli anni 2000. La musica non si fa più in reazione al decennio precedente (quantomeno quella che mi interessa). È un fatto piuttosto nuovo: un gruppo come i Broadcast non sarebbe potuto esistere prima, pescano da tutti i decenni e ne fanno qualcosa di originale, di attuale. Quando scopro gente come loro, o K-the-i???, Darkleaf, Labwaste etc., mi dico che abbiamo davvero una gran fortuna e che l'epoca contemporanea è abbastanza ricca.

E a proposito della scena francese di hip-hop sperimentale? Conosciamo qualche nome che ci sembra molto interessante: Diabologum/Éxpérience/Programme (volendoli considerare "hip-hop"), Spade&Archer... Qual è la situazione?

A mio avviso, nessuno oggi scrive tanto bene in Francia quando Arnaud Michniak (Programme, Diabologum), che ha appena fatto uscire un bell'album a suo nome (disponibile su www.cd1d.com, come il mio!).
L'underground trabocca di artisti incredibili, che spesso praticano il collage e sono piuttosto iconoclasti rispetto al rap tradizionale: Gravité Zéro, Olympe Mountain... Gente come Rocé, Abd Al Malik o Fuzati sono riusciti a portare questo nuovo stile di scrittura a un pubblico abbastanza ampio. È un buon segno, anche se la radio hip-hop principale della Francia preferisce sempre passare della gran merda piuttosto che loro...
C'è un album che riascolto spesso: "Si c'était è refaire" de Kery James. Una scrittura molto riuscita, un suono che "invecchia" bene: è davvero un album importante per l'hip-hop francese.

Com'è stato ricevuto in Francia "Oulipo Saliva"?
La stampa specializzata l'ha apprezzato, oggi lo si trova in parecchie classifiche di fine anno (ad esempio su Listen To Europe). Siamo dunque molto contenti del ritorno ottenuto. Ho inviato l'album ad alcuni artisti che mi sembrava fossero stati influenti, e ho avuto molta fortuna: tutti mi han risposto (va detto che Myspace facilita le cose!) e gli è pure piaciuto. Françoiz Breut, Why?, i Radar Bros., Edison Woods…
Le vendite riflettono bene la situazione attuale: saremo attorno a 700, che è abbastanza bene per gli standard del mio distributore in Francia (la Baleine), e purtroppo anche più di quanto abbiano fatto altre uscite di quest'anno della mia etichetta (We Are Unique Records), visto che escono cose davvero ottime.

Un'ultima domanda... Perché usare l'inglese?

Quel che mi diverte nel comporre canzoni è giocare coi codici prestabiliti del pop, tali e quali sono stati creati (e simultaneamente decostruiti, dunque) con "Rubber Soul" e "Revolver": strofa-ritornello, durata del pezzo, cantato in inglese etc. Non vedrei l'interesse di rispettarli tutti alla lettera, ma è bene comunque salvaguardarne qualcuno, altrimenti non è più pop. Mi sono dunque imposto questa limitazione: comunque vada, utilizzare l'inglese.
D'altra parte, l'inglese è una materia su cui rifletto ogni giorno: sono traduttore e professore di traduzione. Sono affascinato dalla capacità evocativa dell'inglese, così come dal numero di costrizioni folli che si porta appresso. Molti artisti pensano che basti cantare facendo "erw" per darsi una credibilità anglo-sassone, ma finiscono per incagliarsi: è una lingua estremamente esigente, infarcita di accenti tonici, frasi stereotipate, neologismi possibili o impossibili... Ancora una volta, è un lavoro di costrizioni, ed è affascinante.
Discografia
 ANGIL  
   
 Teaser for: Matter (We Are Unique Records, 2005) 
   
 ANGIL & THE HIDDENTRACKS  
   
 Oulipo Saliva (We Are Unique Records, 2007) 
   
pietra miliare di OndaRock
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Recensioni

ANGIL AND THE HIDDENTRACKS

Oulipo Saliva

(2007 - We Are Unique Records)
L'hip hop intimista di un promettente ensemble francese