Qualche anno fa è uscito un articolo "Lettera aperta a Fausto Rossi" (di Stefania D'Alterio apparso su Ritual nel 2003), nel quale l'autrice lamentava la tua assenza e si chiedeva che fine avessi fatto. Ti è capitato di leggerlo? Cosa hai fatto in questi anni? Non ti interessava più il mondo della musica?
È difficile che potessi leggerlo, essendo io... sparito per un po' di anni. La musica è sempre stata una parte importante della mia vita, ma c'è anche dell'altro. Dall'uscita di "Exit" ho avuto voglia di riflettere su una serie di cose relative alla mia persona: Ci sono? Cosa sto facendo? Cosa credo di essere? Mi era sembrato di capire che certe risposte potevano esser trovate solamente in certe "situazioni" di introspezione. È difficile ma anche stimolante parlare di queste cose. Sono stati quindi otto anni di "viaggio" interiore: quello che volevo vedere l'ho visto e adesso sono soddisfatto... più o meno. Sono stati otto anni di lavoro sulla mia persona, di molta solitudine. Anni nei quali ho comunque cercato di vivere il più possibile. Adesso il viaggio è terminato. Ho voglia di ritrovare il mio pubblico, quelli che mi ricordano e quelli che hanno scoperto i miei dischi a posteriori. In particolar modo mi fa piacere che dei giovani si possano avvicinare ai miei dischi.
Adesso che sei ritornato cosa dobbiamo aspettarci da Fausto Rossi? Parlaci del nuovo album.
Questo nuovo album è diverso da "Exit", disco in cui avevo molta urgenza di dire delle cose. I nuovi brani sono più introspettivi, anche se non mancano riferimenti a quello che mi circonda, che io continuo a vedere e giudicare. Sto sperimentando anche varie forme di comunicazione: oltre al disco, in primavera dovrebbe uscire un libro di scritti vari, diversi autori per diverse forme espressive. Inoltre vorrei continuare a fare dei reading. E naturalmente... suonare dal vivo. A dire il vero sono pronti ben tre album nuovi: due in inglese e uno in italiano. Speriamo di farli uscire entro primavera. Dopo tanto silenzio mi sembrava giusto registrare un bel po' di materiale nuovo. Usciranno sul web: trovo internet molto interessante. Le case discografiche attualmente stanno a pezzi e non servono più a niente. Internet è quindi per un artista un ottimo veicolo promozionale e distributivo. La mia paura è che le major nel giro di qualche anno si riapproprieranno del web, e non vedo il modo per poterle fermare. La mia paura è che dopo tanta libertà informatica saremo costretti a tornare daccapo telematicamente. Internet, da iniziale scappatoia per il libero pensiero, potrebbe rivelarsi una trappola culturale ancora più grossa.
Come è stato ritornare su un palco? Il concerto di Roma in particolare, che era il primo dopo otto anni, che emozioni ti ha dato?
Non è andata benissimo. L'organizzazione è stata efficiente, ma abbiamo avuto dei problemi tecnici, più che altro per colpa mia. C'era comunque molta più gente di quanto sia io che i gestori del locale potessero immaginare. Mi hanno fatto piacere anche l'intervista a una radio romana (Radio Città Futura, ndr) e quella a Rai International. Speriamo di inserire tali documenti sul mio sito internet.
Parliamo un po' di Faust'O. Ci racconti della tua esibizione al Festivalbar con una mela in mano? Leggenda o verità? Tale performance è stata ritenuta, da un giornalista musicale, come spartiacque tra la possibile carriera pop di Faust'O e la seguente svolta sperimentale.
Mi sembra si chiamasse "Rockstar", all'Arena di Verona. Presentava Massarini.
Io mi presentai con una mela in mano, rifiutando di cantare "Hotel Plaza" in playback.
Si incazzarono come delle bestie. La mia carriera pop era in realtà già terminata alla pubblicazione di "Love Story". Da quel momento mi misi a lavorare sulla ricerca musicale contemporanea, e un riassunto di queste mie sperimentazioni si può trovare su "Cambiano Le Cose". La musica pop mi interessava sempre meno, e in ogni modo la vedo come un rischio: non sempre il singolo si traduce in un successo. E' molto più onesto seguire il proprio istinto musicale, scrivere buone canzoni e solo a posteriori analizzare i possibili brani commercialmente validi.
Qualche anno fa a Roma si tenne un convegno sul tema "La musica rock italiana cantata in italiano". Presenti Emidio Clementi (Massimo Volume), Federico Fiumani (Diaframma), Andrea Chimenti (Moda). Tutti e tre ti hanno citato come fonte di ispirazione. Cosa ne pensi?
Mi lusingano tali riconoscimenti. In particolare ho avuto modo di lavorare assieme e Clementi, durante le registrazioni di "Lungo I Bordi", il secondo lavoro dei Massimo Volume. Mi è dispiaciuto moltissimo non realizzare anche il missaggio finale: avevamo fatto un bel lavoro sulle batterie e inoltre stavo spingendo Emidio verso un nuovo modo di cantare, rielaborando il suo caratteristico "parlato". Forse i tempi non erano ancora maturi. È stata lo stesso una bella esperienza.
* Con la preziosa collaborazione di caina.splinder.com