Raggiungiamo in formazione a tre la band di origini partenopee capitanata e rappresentata per l'occasione da Carlos Valderrama (alter-ego ispanico interpretato da Gaetano Scognamiglio). Un gruppo che inscena dal 2009 un retro-pop italico verace e frizzante, stilisticamente formidabile, malgrado non si prenda sul serio nemmeno per un istante. Un'evoluzione singolare che fa un po' storia a sé nel panorama italiano odierno, e che nel corso degli anni ha mutato spesso direzione, passando dalle canzonette beach-pop di "Personal Train" al pop-funky da cinema poliziesco di "Cosmos", fino ad arrivare all'italo-disco dal respiro internazionale di "Tonight".
I Fitness Forever non sono pochi. Avete avuto spesso anche turnisti, collaborazioni e vantate un sound profondo e tridimensionale. Carlos funge da direttore d’orchestra e mecenate per i membri (fissi e temporanei) della band o c’è una cooperazione alla pari?
Della line-up originale di "Personal Train" ci siamo soltanto io (Carlos) e Scialdone, anche se Andrea De Fazio ( batteria ) e Nicoletta ( voce ) sono ormai con noi da tantissimo tempo. In generale, abbiamo sempre cercato di raccogliere intorno a noi i musicisti giovani più validi di Napoli e, per tutti, i Fitness Forever sono stati una palestra in cui divertirsi e sviluppare le proprie abilità. Qualcuno è rimasto con noi più tempo, qualcun altro ha preso altre strade musicali o ha fatto scelte di vita che l’hanno portato a lasciare il gruppo, ma siamo una band a tutti gli effetti, e come così ci piace presentarci. Poi è chiaro che siamo io e Scialdone di base a fornire una direzione alla band, e le canzoni le scrivo sostanzialmente io, anche se in fase di arrangiamento, specialmente in questo disco, ognuno ha dato il suo grande contributo, in particolar modo Roberto Porzio (genio delle tastiere) che ci ha aiutato tantissimo nella scrittura delle partiture di archi e fiati.
C’è stata una volta, durante qualche vostro live, in cui avete effettivamente percepito di essere stati una macchina del tempo capace di riportare il pubblico a ballare come in una discoteca degli anni 70?
È una sensazione che ci capita di provare spesso durante i concerti. Specialmente quelli dove c’è più gente (e che cominciano più tardi!).
Le Streghe, Number One Ensemble e la disco più sensuale e in penombra appare la vostra musa segreta alle spalle di “Tonight”. Avevate già intenzione di rendere più notturne le sonorità del terzo disco, oppure è stata una scelta sopravvenuta durante le prove?
La direzione musicale da prendere non è mai decisa a monte: per questo disco ho scritto tanto e avrei potuto scegliere anche una direzione più soft-pop - c’erano infatti tante canzoni più simili a “Carlo” che a “Tonight” - ma dopo "Cosmos", che aveva tante ballad, e il suo tour, abbiamo sentito forte la voglia di avere più cose in repertorio che potessero far ballare e trascinare il pubblico. Alla fine, questo è stato l’aspetto che più di ogni altro ci ha spinto a privilegiare il tipo di sound che stiamo portando oggi in giro.
Il cantato in napoletano su quell’elettronica patinata di “André” mi ha sinceramente colpito. Com’è nata questa canzone?
È un pezzo che nasce da molto lontano: l’idea di “André” e del piccolo riff di tastiera che segue l’avevo scritta all’età di sette anni, quando mia madre mi parcheggiava per ore da questo parrucchiere (André, appunto) e io mi sentivo come in un serial americano, circondato da donne, fiumi di lacca, Spandau Ballet e Duran Duran a tutto volume. Un giorno, all’improvviso, mi è venuto in mente di nuovo, dopo 30 anni, quel motivetto, che poi ho chiaramente sviluppato fino a farla divenire una specie di mini-suite con tanti momenti musicali, tra Pino Daniele, arpeggi di chitarra dal sapore balearico e arpeggiatori alla Caribou. Come in tutte le altre canzoni del disco, la scelta della lingua è stata fatta in maniera spontanea e naturale, sempre cercando di assecondare l’ispirazione iniziale senza snaturarla, anche se non avevamo mai cantato nel nostro dialetto. Devo dire che è stato sorprendente anche per noi vedere quanto ci siamo trovati a nostro agio nel farlo, il napoletano è una lingua dalla grande musicalità, e si adatta incredibilmente bene alla disco music. È senz’altro qualcosa che potrebbe ricapitare in futuro, perché no!
In qualche modo state facendo da bardi che trasferiscono con la musica la tradizione di un certo sound italiano. Quali sarebbero i dischi che non manchereste di far ascoltare ai vostri ipotetici figli?
Senza dubbio, consiglierei loro di ascoltare i dischi di fine anni 70 di Battisti, Carella e Radius, che per me rappresentano una sorta di Santissima Trinità, quando penso a delle cose fatte in Italia con classe, gusto e groove. Se gli dovesse piacere, poi, ci sono sullo scaffale un numero francamente ridicolo di vinili con cui sarei pronto a "bombardarlo".
Dal vostro esordio ad oggi, vi siete contraddistinti e soprattutto distinti per un vostro modo unico di reinterpretare il pop. Fino a che punto vorreste permettere al vostro genere di lasciarsi influenzare dalle tendenze contemporanee? Preferireste rimanere unici o aprirvi anche al presente e alle nuove generazioni, che magari non colgono il citazionismo di fondo del vostro lavoro?
Ritengo i Fitness Forever uno dei pochissimi gruppi in Italia a cui interessi mettere al centro dei ragionamenti la melodia, l’armonia, la canzone non come cartina di tornasole in cui l’ascoltatore debba necessariamente rispecchiarsi, ma piuttosto elevarsi, ispirarsi, magari cominciare a cercare altra bellezza, e magari a proporla in prima persona. Sono queste le istanze che mi muovono come ascoltatore, e di conseguenza anche come musicista. Capisco benissimo che tutto spinge nella direzione opposta in questo momento storico, in cui tanti “artisti” mirano al bersaglio più basso per raccogliere il consenso di più persone possibile, ma in ultima analisi - questa cosa non funziona : se voglio un medico, cercherò quello più bravo, se vado al ristorante, cercherò qualcuno che mi fa da mangiare bene, non uno che cucina uno schifo come me; perché mai solo nella musica dovrebbe essere premiato chi fa qualcosa che mi fa pensare “questo posso farlo anche io”? Poi è chiaro, se parliamo de “i mezzi” da utilizzare, per avvicinare nuove generazioni, noi siamo tendenzialmente aperti a tutto - siamo anche produttori e per lavoro ci troviamo a lavorare con qualsiasi tipo di sonorità, quindi chi può dirlo… non mi disturba, piuttosto mi stimola pensare che un giorno ci troveremo a utilizzare suoni di cassa e rullante grossi e sintetici o bassoni synth… ma il fine della nostra musica non cambierà mai, siamo qui per proporre cose belle, non necessariamente che facciano sentire a proprio agio il maggior numero di ascoltatori possibile!
“Personal Train” è un album frizzante e ricco di soluzioni pop ammiccanti, gioiose. “Cosmos” lo trovo invece un carosello armonico ma più melanconico, anche se contiene comunque passaggi allegri e irriverenti, come ad esempio “Il cane Ciuff”. Cosa vi hanno lasciato questi due precedenti album? C’è qualcosa che non rifareste?
Siamo assolutamente contenti e orgogliosi di tutti e 3 gli Lp che abbiamo pubblicato: seguono un percorso coerente pur essendo abbastanza diversi l’uno dall’altro. Sicuramente, su "Cosmos" abbiamo peccato molto in fase di promozione, avremmo potuto fare meglio tante cose, e rimane qualche rammarico su questo fronte, ma abbiamo imparato la lezione e con "Tonight" abbiamo fatto le cose per bene - e i risultati si vedono! Stiamo infatti avendo riscontri mai avuti in precedenza, anche numerici. È un peccato, perché sicuramente "Cosmos" è un disco che non ha nulla da invidiare agli altri due: è stato penalizzato da una promozione praticamente assente, anche se ha avuto delle recensioni pazzesche.
In Italia la disco music così come certe sonorità cinematografiche proprie dei nostri “anni migliori” - penso ai vari compositori Umiliani, Piccioni, Tempera, Frizzi - stentano a rivivere o quantomeno a “tornare di moda”. Eppure, un ritorno in chiave moderna di questi suoni potrebbe distinguere il panorama italiano dal resto del Vecchio Continente. Soprattutto se penso che in Uk non si contano le band che nascono ogni anno e che riprendono in qualche maniera il loro passato post-punk etc.. Insomma, manca un certo “patriottismo”, una certa attenzione per i nostri tesori e la nostra cultura pop. Secondo voi, ciò è dovuto principalmente alla complessità strumentale e tecnica di queste formule, oppure l’industria discografica nostrana tende mediamente a fregarsene, inseguendo imperterrita la scia anglofona e tutto ciò che viene da lì per mero business?
Mancanza di autostima, provincialismo, superficialità. L’operazione Fitness Forever prende spunto proprio dal ragionamento che fai tu: come è possibile vivere in un paese che ha prodotto una bella fetta della musica più figa di tutti i tempi, amata da ascoltatori di tutto il mondo, ristampata e collezionata ovunque, e che poi di questa non ci sia traccia nella produzione contemporanea a parte poche, e fortunatamente felici eccezioni (penso a Baustelle e Cremonini in prima linea)? Una situazione tristemente comune anche al Brasile. Quello che è certo, e di certo possiamo parlare per esperienza, è che plasmare questa materia è un’operazione complicatissima, perché per realizzare questo tipo di dischi c’è bisogno di tanto lavoro, tanto tempo, tanta tecnica e anche tanti soldi. Vuoi mettere usare un loop di batteria già fatto, due note di synth e rapparci sopra due scemenze comodamente da casa - avendo inoltre a disposizione un pubblico che non aspetta altro? E poi i live li fai rappando su una base che porti su una chiavetta usb. Da qualsiasi parte lo guardi, è la cosa giusta da fare, e quello che facciamo noi un gioco che non vale la candela. Ma chi se lo immagina un mondo dove c’è solo trap e dove non c’è gente che suona sul palco? Offrire un’alternativa a quello che sembra diventato l’unico modo di fare musica di questa epoca è qualcosa che sentiamo come una missione.
Com’è nata “Dance Boys”?
Come spesso capita, le canzoni ti piombano improvvisamente dentro da un luogo sconosciuto, in quell’occasione ero sul balcone di casa mia dopo pranzo, in una bellissima giornata di sole. Le oasi di serenità totale sono (ovviamente parlo per me ) l’habitat perfetto in cui far nascere le belle canzoni.
“Cosa mi hai detto” mi riporta alle sigle caldissime di alcune soap opera del passato. Regnano una sensualità e una romanticheria fuori dal tempo. Da dove nasce questo brano?
Stesso discorso di poco fa. Stavolta ero sul divano di un amico, durante l’intervallo di una partita del Napoli. Evidentemente la partita stava andando bene, perché anche in questo caso è arrivata tutta insieme. Queste ispirazioni fulminanti, ci tengo a precisarlo, riguardano la musica. Il testo arriva un po’ alla volta, e alle volte è un lavoraccio lungo e complesso adattare delle parole a una melodia - ma in quell’occasione ho avvertito come una vibrazione molto chiara, di una storia d’amore che andava sfilacciandosi, una sensazione che mi ha aiutato a venire a capo del testo in maniera stranamente rapida e convincente.
State riscuotendo enormi consensi anche all’estero, soprattutto in Francia. Come vi approcciate al mercato/pubblico straniero?
Se si esclude il Giappone, dove una nostra canzone (“Brasil”, una vecchia composizione uscita solo su un Ep) è davvero e da anni stabilmente entrata a far parte della programmazione di una delle più grandi emittenti radiofoniche del paese, il nostro consenso all’estero non penso si possa definire enorme. Ma sicuramente abbiamo dei fan veri, appassionati e influenti, anche tra giornalisti, musicisti, persone che lavorano nel cinema e nella televisione. Questo ci ha aiutati enormemente ad avere visibilità in mercati in cui senza una forte presenza dell’etichetta discografica non saremmo mai potuti arrivare. E la nostra etichetta, la fantastica Elefant Records di Madrid, ci sostiene da ormai 10 anni in maniera favolosa, per dire, i dischi all’estero nemmeno li stampa; eppure, a volte avere qualcuno che ama la tua musica davvero può fare di più di un ufficio stampa, e alla fine è andata proprio così.
Più che una classica band, siete un collettivo aperto, con tanti musicisti, diverse vocalist e collaboratori, secondo la migliore tradizione napoletana. Con tante teste pensanti, come vengono prese le decisioni sugli indirizzi musicali, le pubblicazioni e le strategie di mercato?
È vero, tutti i musicisti coinvolti sono delle bellissime teste pensanti, che donano il proprio talento anche ad altri progetti musicali di valore (Funkin' Machine, Nu Guinea, Slivovitz, Foja e davvero molti altri). Nei Fitness Forever la direzione musicale però è chiara: io scrivo le canzoni, poi con Scialdone ci occupiamo di gestire tutte le fasi inerenti sia alla produzione del disco che dei concerti che degli altri aspetti. Gli altri musicisti intervengono in fase di registrazione e nei concerti, il tutto in estrema armonia.
Siete sotto contratto con la etichetta indipendente spagnola Elefant Records, che ha una politica ben precisa, anche in riferimento alle copie stampate (soprattutto in vinile, una volta terminate non ne vengono stampate altre). Qui in Italia, nei negozi di dischi e nei grandi store, non è facile trovare i vostri dischi. Vi siete mai proposti a qualche major o state bene così?
No, non ci siamo proposti a nessuno. Senz'altro, in particolare con questo disco, abbiamo avvertito un gap rispetto all'avere un disco pubblicato in Spagna senza avere alcuna distribuzione fisica in Italia. È anche vero che la Elefant cura molto bene il mercato online, per cui praticamente in qualsiasi paese, via Amazon o i principali e-shop, puoi con un click acquistare una copia del nostro disco, per non parlare di Spotify, iTunes; dispiace non avere il disco da Feltrinelli, per dire, ma è anche vero che in un periodo storico in cui andare a comprare un disco nuovo in un negozio rappresenta un'eccezione, e non più la regola (e questo vale anche per me), mettendo sul piatto le cose che ti dà Elefant Records e un'etichetta dello stesso livello in Italia, diciamo che alle Feltrinelli ci rinunciamo a cuor leggero. Però si, se facessimo un altro disco, curare adeguatamente anche una distribuzione fisica italiana è una cosa che rappresenta sicuramente una priorità.
“Cosa mi hai detto”, tratto dall’ultimo "Tonight", potrebbe provenire direttamente da "Sfinge" di Enzo Carella del 1981, ultimo disco di una splendida triade dell’artista romano. Vi viene in mente un ricordo, un aneddoto su Enzo, scomparso solo un anno fa?
È così! Il beat di batteria e gli incastri di chitarra sono stati presi pari pari da "Sex Show", anche se dovendo essere sinceri e molto poco modesti, come valore assoluto mi sa che se la giocano! Detto questo, considero la famosa triade di cui parli l'apice assoluto della musica italiana, una miscela di cose perfette e irripetibili accadute tra le persone giuste, magiche quelle stanze romane tra le fine degli anni 70 e l'inizio degli 80: Carella e i suoi demoni sempre in bilico su un filo sottilissimo, Panella, i Goblin, Micocci, Elio D'Anna e il suo incredibile team al lavoro su "Sfinge". È di dominio pubblico, Carella negli ultimi anni della sua vita era abbastanza presente online, molti suoi fan hanno avuto l'onore di poterci scambiare qualche parola via Facebook o Myspace. A me rimane il rimpianto di aver cannato un appuntamento che avevamo preso una mattina a Roma, in cui mi avrebbe voluto affidare delle canzoni che aveva scritto. Avrei voluto rendere giustizia a Enzo registrando come si deve alcune cose nuove, dato che i musicisti dei Fitness Forever sono dei novelli Goblin. Purtroppo si è offeso a morte e ha chiuso qualsiasi porta dopo.
Di fatto nei vostri tre dischi avete attraversato e rielaborato tre ere fondamentali della musica contemporanea: beach-pop, funky e disco, in ordine di pubblicazione. Cosa ci dobbiamo aspettare dal prossimo disco, se per caso avete già iniziato a elaborare qualche idea?
Normalmente, il primo anno dopo l'uscita di un disco dei Fitness Forever lo dedichiamo alla promozione e ai concerti. È storicamente un periodo in cui non arrivano canzoni nuove e in cui non ho mai scritto, per cui è difficile capire cosa c'è dopo. Non è nemmeno da escludere che questo sia stato l'ultimo disco, o che ne possa arrivare un altro prima dei soliti quattro anni, chi lo sa. Di certo alcune variabili dipendono da me e dalla mia creatività, altre dal sistema musicale, che non so se abbia davvero voglia di un altro disco, magari no.
“Carlo”, che chiude Tonight, è l’unica traccia davvero italiana, nazional-popolare nel senso più positivo del termine, con pianoforte e suoni orchestrali che rimandano direttamente alla produzione anni 70 e a nomi classici tipo Mina e la Vanoni. Quasi un brano da Canzonissima. Un omaggio alle vostre origini?
"Carlo" è un brano che risale alle sessioni di “Cosmos”, non a caso il titolo di lavorazione era "Lui2": un tentativo di strofa abortito (soltanto con i tentativi di strofe abortiti di "Lui" potremmo farci un doppio album!). Gigi aveva registrato questa nota vocale di me che cazzeggiavo al pianoforte, cercando questa strofa. Anni dopo l'ha ritrovata e me l'ha mandata, era chiaro che c'era qualcosa lì. Il testo l'ha scritto Nicoletta, la nostra cantante, che quando ci si mette è davvero anche un'ottima autrice. Per molti è il brano preferito di “Tonight”. L'unico brano di non disco-music. In un album di disco-music. Direi che ancora una volta non c'abbiamo capito niente su quello che avremmo dovuto fare.
Vi è piaciuto il Festival di Sanremo? Pagelle e pagelline, è troppo chiedervi qualche vostra impressione, magari con tanto di matita blu e rossa? Vi piacerebbe partecipare?
Sono anni che non lo seguo, ma certo che ci piacerebbe partecipare. Sarebbe la prima volta che avremmo a disposizione gratis un'intera orchestra e forse l'unica occasione che avremmo di suonare dal vivo con un'orchestra! Mi ci fionderei al volo, ma solo per questo, non certo per la diretta televisiva o la popolarità post-Sanremo, che secondo me è effimera e non vale un granché. Però ho visto e tifato clamorosamente per il dream-team di Antonio Fresa, membro fondatore della band, tastierista, arrangiatore sopraffino, fondamentale a dir poco nei primi due dischi. Ha diretto l'orchestra per il dream-team Bungaro/Vanoni/Pacifico, è stato anche co-autore di un brano che reputo ottimo, quindi 10 e lode per loro. Ringrazio anche Red Canzian per aver portato l'epic-metal a Sanremo. Voto 100.
E se invece voleste donare una canzone per Sanremo? Come dovrebbe essere costruita? E chi sarebbe più adatto a cantarne le rime?
Sicuramente non sarebbe la solita "chanson", sarei indeciso tra una cosa funkettona e una ballatona tragica alla Scott Walker. Interpreti: o Barbara Bouchet, oppure un duetto Johnny Dorelli/José Altafini.