"Abbiamo semplicemente riaperto i cassetti, e c'era molto materiale interessante". Così Carlo Casale spiega il motivo principale della reunion di uno dei gruppi di punta della scena new wave italiana dei primi anni Ottanta: i Frigidaire Tango. Abbiamo incontrato Carlo e Stefano (in arte Charlie Out e Steve Hill) per farci raccontare tutto ciò che sta intorno all'album appena uscito del gruppo, "L'illusione del volo", edito per La Tempesta.
"Dopo l'ultimo concerto nel 1986, non c'è stato nessun trauma particolare, nessun litigio" racconta Carlo, "abbiamo concluso l'esperienza semplicemente non sentendoci più, ognuno ha preso la sua strada. D'altro canto, per un gruppo è piuttosto normale che dopo 5-6 anni cominci la parabola discendente". All'apice del successo, nel 1984, i Frigidaire girano un documentario per Rai1 diretto dal talentuoso Piergiorgio Gay e dal titolo "L'ultimo concerto", che fotografa con sincerità disarmante l'eterna diatriba tra la volontà di fare musica e l'esigenza di un riconoscimento lavorativo nella società. In quelle riprese, questa tensione si respira con tale forza, da sembrare il preludio alla fine della band. Cominciamo da qui, e chiediamo a Carlo e Stefano se sia ancora così difficile, in Italia (e soprattutto nel Nordest), vivere da musicisti: "Al fondo esiste un errore di concetto secondo cui l'artista non è una figura professionale. Non è una questione meramente populista: basti vedere i problemi enormi di finanziamenti statali al mondo della musica. Soltanto il musicista classico ha qualche speranza in questo senso".
Il problema si sposta però, secondo Stefano, anche su come ci si approccia al fare musica, di questi tempi. Quando gli chiediamo un parere sullo stato di salute della musica nel territorio locale, Stefano non spende parole troppo leggere: "Sì, ci sono realtà che stanno facendo qualcosa, ma non mi sembra niente di eccezionale. C'è quasi una visione distorta del mestiere, come se si dovesse passare per forza per l'apparire. Pensa al caso di TRL: ci vai, torni a casa felice, ma probabilmente ti sei bruciato in partenza. Come del resto succede per i talent-show e tutto ciò che gli assomiglia: è il maledetto diktat televisivo dell'apparire, apparire, apparire. E poi non ci sono più locali che fanno suonare dal vivo". A questo riguardo, Carlo (che da anni gestisce lo Shindy Club qui a Bassano) concentra l'attenzione sull'avvento dell'elettronica: "Una grossa fetta di gente, soprattutto giovani, ascolta un genere di musica che non passa nemmeno per la chitarra: non interessa più vedere il gruppo con gli strumenti, che suona dal vivo. Aggiungi il fatto che non girano molti soldi, ed è comprensibile che i locali puntino molto più facilmente sul djset: costa poco e richiama molta più gente". Ma allora, più in generale, si può davvero dire che il rock sia morto? "Forse sì" afferma caustico Steve "o comunque si sente tantissimo la mancanza di un movimento sociale che un tempo si accostava alla nascita di un genere: pensa al punk, alla stessa new wave, al grunge... Oggi i ragazzi sembrano essere molto più passivi".
Una realtà genuina, no-compromise, prettamente italiana come l'etichetta indipendente "La Tempesta", in realtà, dimostra come il fermento ci sia e anche di altissima qualità: è l'ambiente migliore per un prodotto libero come quello dei Frigidaire Tango. Stefano è infatti convinto che il successo di questa etichetta derivi in gran parte dalla sincerità e trasparenza che ormai nelle major latita da un pezzo.
"L'illusione del volo" è il frutto di una gestazione lunga due anni. "È andata così", spiega Carlo, "dopo la pubblicazione del box celebrativo nel 2006, abbiamo cominciato a scrivere il disco. Era pronto, tutti pezzi in inglese. Un po' per proposta di Stefano, un po' per l'interessamento de La Tempesta (che pubblica solo musica con testi italiani, ndr), nasce l'idea di scrivere i pezzi in italiano. L'ottanta per cento delle canzoni vengono riscritte da zero, e ora finalmente la critica parla anche dei testi". Critica che, da più parti, elogia il ritorno dei Frigidaire con forte entusiasmo per un prodotto decisamente svincolato dalla semplice operazione-nostalgia.
I due fondatori della band sono infatti assolutamente concordi sulla genuinità di questo disco. Insistono parecchio su questo, sembra quasi una punta d'orgoglio in un mare di prodotti artistici preconfezionati: "Questa musica è nata, concepita e suonata prima di tutto per noi stessi. ‘L'illusione del volo' è stato fatto per il piacere di farlo: è la condizione ideale per fare arte, nessuna esigenza commerciale o economica al fondo. È autentico in tutto e per tutto".
Non è un caso, allora, se Stefano afferma senza pensarci due volte che il punto più alto della loro carriera è proprio adesso: "C'è maggiore consapevolezza, per l'età soprattutto. Cerchi di tirare fuori il meglio, sei autocritico ma anche più paziente. Il risultato è che questo disco, nonostante siano pezzi che ascoltiamo da due anni, è ancora nelle nostre macchine, negli stereo o negli iPod: ci piace veramente!". Carlo sembra ribadire il concetto: "Questo disco non ha avuto pretese, avevamo materiale e abbiamo sentito l'esigenza naturale di pubblicarlo. Non è studiato, è venuto come doveva venire, molto vario". E i pezzi in inglese già pronti che fine hanno fatto? "Hanno certamente un futuro, stiamo pensando al supporto: potremmo venderli ai concerti, stamparli in vinile o metterli in download sul web. Non c'è alcuna fretta, comunque".
Un disco con luci così differenti, libero da qualsiasi evidente riferimento di genere, è tenuto insieme da un unico forte leit-motiv espresso con varie sfumature dalle parole delle canzoni: è il tema della libertà, raccontato a più livelli, dall'urlo politico-sociale di "Mescola le razze" alle confessioni intimiste di "Paura del tempo", o della bellissima "Le cose capite". Carlo ci racconta il motivo di questa scelta: "In realtà ci siamo accorti solo successivamente che tutti i testi esprimevano un concetto simile. Quello che sembra mancare oggi non è soltanto la libertà, ma la consapevolezza di che cosa significhi essere liberi. Molti non si rendono conto che la libertà deve essere prima di tutto attiva e non passiva. E forse è proprio per questo che i giovani subiscono, perché in un'indifferenza totale credono di sentirsi liberi".
L'unico testo che ha una storia a sé è quello di "New wave anthem", racconto onirico basato sui nomi delle band protagoniste della scena new wave di quegli anni. "Le parole sono nate un po' per divertimento, ma con la musica di Stefano, venata di malinconia, e con l'arrangiamento creato per il disco, ne è nata una piccola gemma, qualcosa di magico, come raramente succede nella musica: in quel caso ti rendi conto di trasportare un messaggio che non sembra venire direttamente da te".
Chiudiamo la chiacchierata con due parole sul futuro dei Frigidaire: una reunion tutt'altro che casuale, a quanto pare: "Abbiamo tanta voglia e creatività", spiega Carlo, "nel 2010 ci aspetta una quindicina di date in giro per l'Italia. A breve, poi, gireremo anche un video, a Parma, della canzone "Soffia": non sveliamo niente, sarà una gran sorpresa".
Per chi non ne era ancora sicuro, i Frigidaire sono tornati in grande stile: il Tango è davvero ancora nel congelatore, e ci sono tutti presupposti perché ci rimanga per un altro po'.
The Cock (Young Records, 1981) | ||
Frigidaire Tango (12", Frigidaire Tango, 1983) | ||
Live In Barcelona '85 (live, Alma Music, 2006) | ||
The Freezer Box (Box, Ltd + 3xCD, Alma Music, 2006) | ||
L'illusione del volo (La Tempesta, 2009) |
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