18/02/2006

Arab Strap

Estragon, Bologna


Estragon murato per l’atteso ritorno degli Arab Strap, che presentano l’ultimo lavoro, “The Last Romance”. Uscito nel 2005 con la famiglia della Chemikal Underground (connubio indissolubile, a parte "Elephant Shoe" del 1999 con la Go Beat, ndr), rappresenta la realizzazione di un qualcosa cominciato ormai anni fa, una maturità palpabile, raggiunta nelle armonie come nei testi. Dall’alcolismo alla serena accettazione della drammatica condizione umana, dal pub riversi sul pavimento a faccia in giù al pub di chiacchiere e pinte.

Clima sereno e rilassato dunque, che si avverte dalla dolcezza di “Stink”, pezzo di apertura del disco e del live. Disincanto per un dialogo continuo tra la voce stonata e strascicata di Aidan Moffat e tutto quel che c’è intorno, a cominciare dalla risposta di Middleton. La chitarra crea uno spazio temporale in cui si inserisce una voce che carica ed esplode solo nel finale, tagliato di netto, nel momento di massima apertura, e lascia il pubblico a inciampare e chiederne ancora. Pezzi come “(If There’s) No Hope For Us” riempiono lo spazio e sovraccaricano l’aria di energia e potenza e tristezza e senso di indefinibile malinconia, che è proprio quel mix che ce li fa amare. Purtroppo, non succede lo stesso per tutta la durata dell’evento, e a metà concerto arrivano i problemi.

Dopo “Confession Of A Big Brother”, c’è un drammatico calo di intensità, cominciato probabilmente con la mancanza degli archi. Il suono è freddo, e l’esecuzione di pezzi lenti e appassionati come “Fine Tuning” e “Come Round And Love Me” non coinvolge il pubblico. Con grande imbarazzo dobbiamo constatare la distrazione degli astanti, impegnati in conversazioni di circostanza in attesa di musica felice per gente felice. Per fortuna, è arrivata “Speed Date” con una gran batteria in primo piano, e una melodia così accattivante da coinvolgere i più chiacchieroni.

Riteniamo che ci sia una scaletta sbagliata: invece di puntare sui pezzi più ballabili di “The Last Romance”, si concentrano in quelli più d’atmosfera, e questo ci sta bene. Ma di fatto l’atmosfera non c’è, perché il suono risulta estremamente pulito, sterilizzato e lontano. Sappiamo bene quanto il confine tra la paranoia che ci piace tanto e la noia che invece non ci piace affatto sia labile, soprattutto per chi è accorso stasera per assistere a un big show dalla formazione ampliata. Il calore e la grazia di “The Last Romance” non vengono percepiti, i classiconi mancano, a parte “Piglet”, la gente si annoia. Peccato. È difficile recensire un gruppo come gli Arab Strap, è difficile non volergli bene.

Dopo il concerto, aftershow party al Covo, dove Muffet ci ha deliziati con un dj set intelligente e affatto pretenzioso. Vederlo girare tra il pubblico, grande e grosso com’è, anche lui fisicamente impegnativo, con quella sua faccia dolce e meravigliosa, ci ha tolto qualsiasi dubbio. Noi gli vogliamo bene lo stesso.