Nel corso della sua vita, Brian Wilson ha sofferto sofferto di depressione, sviluppando anche, negli anni Settanta, una dipendenza dalla cocaina, dall'eroina e dell'alcol. Per un lungo periodo era rimasto chiuso in casa, lontano dalla scena musicale ma anche dalla sua famiglia. Negli ultimi anni Wilson aveva sofferto anche di demenza senile, tanto che nel 2012 sua moglie, Melinda Ledbetter Wilson, ne aveva ottenuto la tutela legale. Alla morte della donna, nel gennaio del 2024, la tutela era passata ai suoi agenti. Oltre al suo lavoro nel gruppo, Wilson aveva anche una carriera da solista, che aveva dato vita a canzoni come "Love And Mercy", del 1988, in cui aveva proprio riflettuto sullo stato della sua salute mentale e sulla ricerca di un sollievo, una redenzione.
L'eterna illusione dell'estate
Brian Wilson, cuore e anima dei Beach Boys, non era mai stato un vero "beach boy": giovane dalla personalità fragile, sin dall'infanzia sordo da un orecchio ma cresciuto in simbiosi con la musica, non aveva mai messo piede su una tavola da surf. Eppure, dopo aver fondato il gruppo insieme ai due fratelli minori Carl e Dennis, con l'aggiunta del cugino Mike Love e dell'amico Al Jardine, aveva contribuito ad alimentare il mito della California felice: un immaginario che, nella suggestiva cornice di una perenne estate, vedeva spiagge assolate, dolci ragazze dai capelli color oro, drive-in e hot rods , e tutto quello che faceva parte dell'immaginario giovanile americano, nella sua versione californiana. Come elemento caratterizzante questo paradiso terrestre, il surf: uno sport che affondava le sue remote origini in alcune popolazioni indigene dell'America e che, tra la fine degli anni 50 e i primissimi 60, era diventato simbolo di libertà. Era l'espressione di quella stessa dirompente libertà che, appena alcuni anni prima, aveva dato vita al rock'n'roll e alla nascita della cultura giovanile. Fu Dennis, l'unico del gruppo a saper andare sul surf, a suggerire l'idea di scrivere canzoni sulla vita dei surfisti. Così, nel 1961, Brian compose "Surfin'": chi lo avrebbe mai pensato che quella canzone così semplice e ingenua, registrata in modo casalingo da cinque ragazzini (Carl, il minore, aveva appena 15 anni), fosse l'inizio di un nuovo capitolo della storia del rock? Poi, fu la volta di "Surfin' Safari" e di "Surfin' U.S.A." e il successo non tardò ad attendere: nel giro di un paio di anni, i Beach Boys divennero il gruppo più famoso tutti gli Stati Uniti. Tuttavia, al di là dei contenuti giovanili proposti dalla sua musica, Brian Wilson sembrava utilizzare alcuni temi in modo simbolico: il mito dell'eterna estate californiana sembrava una versione moderna dell'antico mito dell'eterna giovinezza, e il tema del surf - l'inesausto desiderio di cavalcare l'onda più alta - incarnava la concezione della vita intesa come sfida e continua messa alla prova delle proprie capacità; una tematica che, in un paese coraggioso e giovane di storia come l'America, sin dai tempi dei pionieri aveva assunto connotazioni epiche.
Sin dall'infanzia, Brian Wilson suonava il pianoforte, ma amava particolarmente il canto: nei momenti liberi, spesso insegnava ai fratelli minori ad armonizzare con le proprie voci; a volte, in particolare in occasione delle festività natalizie, si univa nel canto anche il cugino Mike Love. Questo fece sì che, in seguito, i Beach Boys avessero il loro vero punto di forza nelle sempre più complesse armonie vocali che Brian andava componendo: egli pensava alle voci dei propri compagni come ai migliori strumenti musicali a sua disposizione. Nello stesso tempo, però, le armonie e i contrappunti vocali di Brian si fondevano con la strumentazione del rock'n'roll, ossia principalmente con la chitarra del fratello Carl. Le prime canzoni dei Beach Boys, in particolare brani come "Surfin U.S.A.", "Fun, Fun, Fun", "I Get Around", esprimevano la stessa energia e la stessa vivace freschezza del primissimo rock'n'roll. Tuttavia con una differenza: le loro canzoni trapelavano un'innocenza e un infantilismo, una giocosità e una gioia di vivere che non sono riscontrabili allo stesso modo nella musica dei primi rocker . A ben vedere, quell'immaginario tanto ingenuo era determinato, paradossalmente, da una forma di sottile nostalgia per qualcosa che si stava perdendo. In quegli stessi anni, infatti, la gioventù americana stava cominciando a perdere la propria innocenza: l'assassinio di Kennedy e l'inasprimento della guerra in Vietnam conducevano progressivamente verso una stagione d'inquietudine; i tempi stavano davvero cambiando e, di lì a poco, anche la cultura giovanile sarebbe cambiata radicalmente. Quella immortalata dai Beach Boys fu allora un'estate la cui illusione di essere eterna era generata proprio dal fantasma della fine: nella sua spensieratezza, si trattò dell'ultima vera estate del rock'n'roll, perlomeno di quello che affondava le proprie radici nella cultura degli anni 50 (e il cui tramonto è stato deliziosamente dipinto da George Lucas in "American Graffiti", che termina, e non poteva essere diversamente, con "All Summer Long" dei Beach Boys: ecco come rivelare la componente nostalgica di quella che, a prima vista, sembrerebbe soltanto una canzone felice). Sebbene le prime canzoni dei Beach Boys siano effettivamente all'insegna dell'ingenuo divertimento, a volte la malinconia affiorava timidamente tra un brano e l'altro. Progressivamente, nei loro album le canzoni veramente spensierate diventarono sempre di meno; aumentarono invece le canzoni intimiste e d'amore; e l'amore, si sa, fa spesso rima con dolore…