Cars

Heartbeat City

1984 (Elektra)
pop-rock

Il caos urbano, i ritmi frenetici e disordinati di una metropoli. Una qualsiasi di quel Nord America che si prepara a benedire gli attesi giochi olimpici di Los Angeles. Un Panorama sorridente ma teso, malato, ma anche very cool, come un bel Martini ghiacciato da degustare con sventolona bionda a fianco. E poi quelle spalline, manifesto di un'eleganza alla ricerca di strumenti protettivi, quasi una corazza ideale, utile ad apparire più forti e resistenti. E Ric Ocasek, benché alto e somigliante a Superpippo, di una bella body-guard ideale ha bisogno eccome. Intellettuale avvezzo al consumo usa e getta, artista postmoderno che non rifiuta l'avanguardia, ma gli preferisce le classifiche. Un nuovo prototipo di yuppie, che si muove nostalgico tra le difficoltà dell'era contemporanea. Con i suoi quattro amici, ha sperimentato in poco più di un lustro l'aggiornamento dei canoni pop-rock anni 50, infarcendoli di tentazioni glam, di ritmi disco, di allusioni new wave. Un canzoniere smart, a volte caricaturale, ma sempre con un'aurea drammatica dietro le fragili spalle.

Artista tout court, Pippo Ocasek, discepolo warholiano, neanche uno dei tanti per via del solito carisma che fa la differenza. E dopo una serie di copertine dal sorriso equivoco e una puntata solista che sa tanto di warm-up, eccolo con i suoi compagni di giochi puntare al bersaglio grosso: ovvero, fargliela vedere a quelli della British invasion, ma anche al Re Mida Michael Jackson.

Il quinto album dei Cars rappresenta il definitivo approdo alla formula synth-pop, un suono plastico che può e deve piacere a tutti, ma senza dimenticare le armi che hanno reso caratteristico il marchio nei precedenti cinque anni. Non un semplice contenitore di canzoni, dieci per la precisione, ma un vero e proprio status-symbol, un oggetto da esibire con orgoglio durante un party o un incontro romantico, o una cena d'affari. Buono per tutte le stagioni e per tutti i mestieri. Mica facile contribuire al circolo industriale dei tempi moderni, confezionando, o provando a farlo, un prodotto di successo. Ric chiama a raccolta l'ormai celeberrimo Robert John Lange, Mutt per gli amici, artefice dell'esplosione mondiale degli Ac/Dc, di fatto sesto Def Leppard con i quali ha scompigliato le chart americane del 1983 grazie a "Phyromania", clamoroso tentativo, riuscito, di unire l'heavy-metal al pop con l'aiuto di campionamenti e di una produzione deluxe.
Storie milionarie. Storie contrastate. C'è chi applaude e chi storce il naso, tipiche reazioni cui devono sottostare gli artigiani di professione. Ma Ric-Pippo ha dalla sua un'aria intellettualoide che gli conferisce una marcia in più. Qualcuno ha provato a voltargli le spalle, con tipico atteggiamento brit-snob, ma i circoli culturali lo adorano, lui, con quel viso buffo ma affascinante, il brutto che può piacere. Non può fallire.

Eccolo allora presentarsi al ballo di debutto del 1984, spettinato ad arte, con tanto di cravatta semi-slacciata, "Hello Again", poco meno di quattro minuti super pop-rock, high energy con interventi vocali multistrato, tastiere sprint e chitarre sintetiche, fotografia nascostamente moralista su questi dannati neo-arrampicatori sociali, quelli che vogliono esserci a tutti i costi, nella buona e nella cattiva sorte: "Waiting for the sunshine, standing in the rain", elettrici, eclettici, sognatori, concreti. Ma anche romantici, "Looking For Love": chitarra arpeggiata e tastierine fischianti, ritmi metallici, voci sovrapposte, up-tempo facile facile, classico bubblegum alla Cars impreziosito da una ricerca tecnologica al passo con i tempi, mai indietro, ma neanche mezza unghia davanti. Atmosferico e ballabile. Sempre quella via di mezzo difficile da trovare, che premia magicamente chi la scova.
"Magic", ennesimo poppettino sparato, con cori da favola, celebrazione degli effetti dell'imminente estate americana, globalizzata e cinica, ma che sole, che gambe, capelli al vento a 100 all'ora sulla decappottabile.

Calcolatrice alla mano, è tempo di ballad, giusto per non rovinare i preziosi schemi della produzione pop: "Drive" vuol dire melodia sopraffina, mutuata dall'Elvis più struggente, interpretata con grande spirito imitativo dal biondo Ben Orr, bassista della combriccola, più abituato di Ocasek a presentarsi con una rosa all'uscio della porta della propria bella, dotato di un timbro vocale più consono a uno stile retrò, peraltro ripulito e tecnologizzato a dovere. Un successone, insomma, sostenuto a dovere da un drammatico filmato, con Pippo Ocasek colto pensieroso al limite del truce, mentre la sua giovane fidanzata (poi moglie, beato lui, ndr), Paulina Porizkova, top model, piange calde lacrime. E l'atmosfera si fa sul serio cupa, di chi sono quegli "Stranger Eyes"? Un'amante tradita, o solo in attesa, magari di vendicarsi. O forse si tratta del proprio sguardo spento dopo una nottata di quelle faticose e magari neanche tanto appaganti? Sta di fatto che di questo straniero si sente il bisogno. Riedizione in chiave metaforica (e pomp-pop) dei tragitti chimici un tempo disegnati da Lou Reed?

Ma allora i Cars sono i Velvet Underground in versione mass-market?! Dilemma che si sgretola per un attimo, spinto via dal ritmo gioioso e frenetico di "You Might Think", rock'n'roll robotizzato con cui Ocasek manifesta la sua ossessione nei confronti di un'ossessionata (poverina) conquista del sabato sera. E il video, uno dei più simpatici dell'epoca (ma anche adesso fa la sua figura), mostra Pippo scatenato con la sua versione a fumetti, mentre insegue con tutti i mezzi possibili la sua preda, trasformandosi alla fine in King Kong. Peccato che lo scimmione con gli occhiali da sole, una volta catturata la ragazza, la lasci cadere nel vuoto... L'elemento sinistro fatica a essere rimosso anche in situazioni dichiaratamente comiche. Che finiscono in fretta, visto che le tre canzoni seguenti parlano la lingua della disillusione, del fallimento, della disperazione, sapientemente mascherate da un make-up discotecaro, sostenuto come in "It's Not The Night", "Per dolci vendette, per decretare la fine dei giochi", più languido in "Why Can't I Have You" ("Piccola, fatti sfiorare solo un'altra volta, lascia che io ti dica che sei sempre nei miei pensieri"), con interventi corali che condiscono costanti il recitato di Ocasek. Una ricetta che viene riproposta in "I Refuse", con tanto di voci modificate da vocoder, spruzzi di synth, chitarrine stoppate, metronomo sempre acceso.

Tutto a posto, quindi. Un bell'album, funzionale, intelligente, intonato, da gustarsi in auto, da centellinare in disco, da utilizzare come sveglia mattutina. Se non fosse che l'ultimo, omonimo brano, manda all'aria tutto: il 1984, l'industria, il pop tutto. Un nuovo traguardo raggiunto dalle sette note, ballata ansimante, misteriosa metropolitana, poetica e allegorica. Canzone dove anche la tipica chiave interpretativa di Ocasek, sincopata e nevrastenica, cambia registro, diviene morbida, pacificata, sedata. Chi è la Jacki che sconfigge la frenesia cittadina, che accende le luci della notte metropolitana, che rende il sole dorato, che si fa casa per i più bisognosi, che quando non c'è manca fino a starci male? Il fantasma Velvet tossico ritorna a farsi sentire. Ma è il sottofondo, il corredo armonico melodico a stupire: un'architettura prevalentemente elettronica, gestita a livello rumoristico dal sapiente uso del Fairlight, inedito macchinario digitale, capace di campionare e riprodurre una miriade di suoni, di dipingere paesaggi caldi, bollenti e, un attimo dopo, gelidi, paurosi.
Cinque minuti dove il pop diviene ambient, con discreti fiati sintetici a fare capolino, a riempire orchestralmente gli spazi. Un incubo che diventa paradiso, nell'incertezza del domani. E' il traguardo definitivo dei Cars e di Ocasek stesso. Quando si spengono gli ultimi fuochi, quando il cuore della città smette di battere, ogni cosa svanisce, come in una favola. Per sempre.

10/09/2007

Tracklist

  1. Hello Again
  2. Looking For Love
  3. Magic
  4. Drive
  5. Stranger Eyes
  6. You Might Think
  7. It's Not The Night
  8. Why Can't I Have You
  9. I Refuse
  10. Heartbeat City

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