Il signor Graham Coxon, oppresso dalla egotistica dittatura albarniana secondo la più classica delle dicotomie del rock (il front-man tiranno contro il chitarrista riservato ma genialoide), si smarca dai Blur ormai da ben due dischi (senza contare i tre dischi da solista usciti dal '98 al 2001 prima del divorzio ufficiale...), ultimo dei quali, appunto, "Happiness In Magazines".
Se due anni fa, in "The Kiss Of The Morning", più che comporre accordi suonava la sua musica preferita ottenendo britpop in salsa smaccatamente vintage, ecco che Coxon, tra i frutti della sua inarrestabile fertilità compositiva, ci fa intravedere qualche momento di vero talento.
Chiariamoci, si tratta sempre di britpop, e in tre o quattro (facciamo anche cinque, tra cui il singolo, "Freakin' Out") pezzi siamo ancora tutti lì a pensare che sia un outtake di "The Great Escape", ma un disco che esordisce con un pezzo glam come "Spectacular", merita un minimo di attenzione. Magari a un primo ascolto non sembra, ma Graham Coxon, dietro i suoi occhiali alla Elvis Costello, è una rockstar estremamente convincente: provate voi a non saltellare sull'autoironico punk di "People Of The Earth", o a non farvi sedurre da un brano forse paragonabile ad "After Dark" di Tito & Tarantula, "Are You Ready". Sono proprio questi i momenti d'oro di questo album, quando Coxon riesce a uscire dai cliché post-Blur per queste schitarrate suadenti, o per una ballad elettrica dylanianiamente biascicata che si trasforma in un rock vecchia maniera con tanto di assolo ("Girl Done Gone").
A dir la verità, Coxon prova anche cimentarsi col pop puro da pianoforte ("Ribbons And Leaves"), ma purtroppo non ha né la personalità, né la fantasia di un Damon Albarn. "Bundle Of Misery" sembra quasi la b-side di "Coffee And TV", il che è un peccato perché le canzoni carine ci sono, ma il paragone coi Blur rovina sempre tutto. Sono carini anche i testi, ritmati, autoironici e tutto ("Saw y' on my computer/ Never seen no one cuter/ posin with a shooter/ You got me in a stupor"), ma... basta? Da un cantautore così felice come Coxon, verrebbe da aspettarsi qualcosa in più del solito clone britpop. Sarà forse meno eclettico, meno curioso di Albarn, ma da qui a suonare uguale a 10 anni fa, ce ne corre.
Il giudizio da dare a "Happiness In Magazine" finisce per dipendere da quale valore diamo a una "capacità distintiva" di cui si sente il bisogno per non cadere nei soliti paragoni, e da quale valore diamo a un album di pop-rock nel complesso piacevole e dignitoso. Dovendo sottrarre il secondo termine dal primo termine, se non rinunciamo a dare alla cosiddetta capacità distintiva" un valore superiore a zero, difficilmente "Happiness In Magazines" potrà essere un disco pienamente sufficiente. E infatti gli viene affibbiato un sei scarso.
07/12/2006