Esiste un gruppo che, zitto zitto, non sbaglia un colpo e, senza aver mai realizzato un vero e proprio capolavoro, ha sempre suscitato interesse e apprezzamento in uno zoccolo duro di appassionati al rock indipendente d'Oltreoceano. Questo gruppo si chiama Deerhoof e, giunto al settimo album, dimostra che i vari cambi di formazione non hanno intaccato gli obiettivi di ricerca sonora e qualità artistica degli esordi, riuscendo pure nell'intento di arricchire ogni nuova uscita di elementi sempre freschi e intriganti.
Nel 1999 si aggiunge all'organico il chitarrista John Dieterich (già con il Gorge Trio) che, probabilmente, ha polarizzato un minimo di (meritata) attenzione in più sulla formazione di San Francisco. Da allora, Rob Fisk e soci hanno licenziato tre album sorprendenti: "Halfbird" (Kill Rock Star, 2001) che, a differenza della produzione precedente, recupera il formato-canzone e rompe il ghiaccio con la melodia; "Reveille" (Kill Rock Star, 2002), tanto rassicurante quanto sperimentale, registrato e mixato da un certo Jamie Stewart; il lambiccato "Apple O'" (Kill Rock Star, 2003), aperto a sonorità pop, quasi naif e mai banale. I caratteri distintivi della band sono individuabili nel cantato dolcemente ossessivo della bassista giapponese Satomi Matsusaki e nell'indemoniato drumming del batterista Greg Saunier.
Quest'anno esce "Milk Man" e si avverte ancora una stimolante atmosfera di cambiamento, a cominciare dai due brani d'apertura: la title track , infatti, alterna scale frippiane e tempi dispari a raffinate armonie vocali e intelligenti soluzioni melodiche, mentre la successiva "Giga Dance" sembra ammiccare ai primi Residents alle prese con un'ipotetica interpretazione di una magniloquente partitura dei Van Der Graaf Generator.
L'album presenta molteplici facce: la bislacca bossanova elettronica di "Desaparaceré"; l'incedere progressivo di "Rainbow Silhouette"; le destrutturazioni "glitch" di "Dog On The Sidewalk", che recalcitrano a concludere compiutamente la strofa; lo sbarazzino power-pop di "Milking" che, tra un breve, flebile assolo di corno francese (o presunto tale) e qualche distorsione di chitarra, prepara l'atmosfera fiabesca di "Dream Wanderer's Tune", in cui le delicate tastiere sorreggono un manto melodico onirico e visionario. "Song Of Sorn" presenta una struttura multiforme, con solo di pianoforte sbilenchi alternati a esplosioni punk; "That Big Orange Sun Run Over Speed Light" è una composizione per chitarra nevrotica e modem di Pc anni Novanta, mentre "New Sneakers" mutua dai francesi Klimperei alcuni passaggi di organetto-giocattolo ed evanescenti atmosfere da "La Bella Addormentata Nel Bosco". La voce di Matsuzaki, utilizzata in maniera più complessa e artificiosa rispetto al passato, dona all'intero lavoro tratti onirici, infantili e surreali.
"Milk Man", concept-album incentrato sulla fiaba di un lattaio che rapisce bambini, rappresenta una piacevole conferma del panorama indie rock statunitense che, speriamo, ci darà tante altre soddisfazioni.
12/12/2006