Ma il primo pezzo, "Oh My Love", pare un posticcio indie rock mtv-zzato, come da manuale "alternative" post-Dinosaur jr, perfetto per piacere ai fan di Avril Lavigne. "Swept Back" fa meglio, con il suo incedere neo-classico e la melodia che consente al mondo esterno di decodificare le intime sensibilità di Sheppard; bella? Forse, forse no, ma è proprio quello che ci si aspetta dai Sophia, segnale di creatività che ristagna nello standard, fino a diventare manierismo.
"Fool" si prostra ancora ai piedi di un forzato intimismo, ma si ode qua e là una certa vena acustica di derivazione britannica; ma stiamo parlando dei Sophia? Quei Sophia post God Machine? Proprio quelli, come dimostra "Desert Song No2", tenero omaggio a un amico scomparso, a un'avventura finita prematuramente. Come dimostra altresì la metallica "Darkness", aggressiva e sconclusionata, pregna di troppe idee che faticano a trovare una struttura sonora compiuta. Perché Robin? Perché ai tuoi dischi manca sempre qualcosa? Perché i God Machine resteranno degli splendidi e immensi incompiuti? Dov'è il centro in "Swore To Myself", con quell'incedere indolente che sembra annunciare un riff, uno sprazzo melodico, ma niente, niente di niente. Pop, invece, in "Holidays Are Nice", splendida, ma è tutto troppo patinato, con quei suoni perfetti, senza spigoli, perché Robin? "Critici dilettanti" e "appassionati di professione" ti faranno a pezzi. Le persone sono come le stagioni, cambiano come cambia il vento, i critici poi… rischi di esaurire il credito.
Chiude "Another Trauma", finalmente una canzone all'altezza della classe dei Sophia, ma è lo zenit del disco? E le catarsi dark? Ma Leonard Cohen? Forse, a volte, sarebbe meglio tacere...
(12/12/2006)