Nell'intervista concessa a Onda Rock qualche tempo fa, Elizabeth Anka Vajagic ci aveva anticipato che il suo prossimo disco sarebbe stato "l'estensione e la conclusione naturale" di "Stand With The Stillness Of This Day", con "più rumore e un packaging bellissimo". Incuriositi, prendiamo in mano questo Ep intitolato con le parole che meglio riassumono l'universo poetico della giovane cantautrice di Montreal: "Nostalgia/Pain", nostalgia e dolore. E in effetti è proprio il packaging la prima cosa che balza agli occhi: un cartonato color porpora scuro, ricamato da disegni indianeggianti in oro, con all'interno un elegante quanto, in definitiva, scarno booklet.
Rompiamo subito gli indugi: Miss Vajagic ci ha colpito al cuore con il suo disco d'esordio, una collezione di lenti, scuri e dolentissimi madrigali gothic-folk. Musica senza tempo ma con un retrogusto antico, pubblicata paradossalmente dall'etichetta supermoderna per definizione, quella canadese Constellation che è da anni l'avamposto della scena post-rock d'oltre oceano. Se però in "Stand With The Stillness Of This Day" l'attitudine post-rock era solo abbozzata, negli scarni interventi strumentali di alcuni tra i più rinomati musicisti della scena di Montreal, in questo Ep sembra che Vajagic voglia tornare a immergersi in quell'humus musicale in cui si è formata al fianco di gruppi come Godspeed You! Black Emperor e Silver Mt. Zion. Ecco allora due lunghe tracce iper-dilatate, cesellate su sottili strati di rumori e ghirigori di archi, con la chitarra acustica a cercare di tracciare un'esile cartilagine armonica.
Entrambe incise nel corso delle session di "Stand With The Stillness Of This Day", con musicisti quali Sam Shalabi (chitarra), Michel Langevin (batteria) e Fluffy Erskine (strumenti a fiato) e con uno spiccato gusto per l'improvvisazione, "Nostalgia" (oltre 17 minuti) e "Pain" (12'42'') ammantano in una coltre di lievi dissonanze e rumorismi i raggelanti lamenti della ragazza che ama passeggiare nei cimiteri. Tessiture prevalentemente soffici e spettrali, ma pronte a farsi tempesta al mutare dell'umore e del canto. La giovane vocalist croata-canadese, infatti, predilige improvvise escursioni di registro, spaziando da un tremulo falsetto a impressionanti "glissando" gutturali. Metamorfosi fata/orco che riportano alla mente gli psicodrammi infantili di Shannon Wright e Kate Bush o perfino le "litanie sataniche" di Diamanda Galas. E sono indubbiamente le interpretazioni di Elizabeth l'aspetto più significativo di brani che finiscono talvolta con l'aggrovigliarsi in virtuosismi un po' fine a se stessi (la coda di rumori assortiti e improvvisazioni di "Nostalgia", che fa molto "indie" ma alla lunga stufa un po', o la galoppata chitarristica di "Pain", scandita da un drumming a nervi tesi).
Finisce così che il terzo episodio - quella "Beneath Quiet Mornings" che Elizabeth ci ha raccontato di aver inciso con un registratore 4 piste a casa, al mattino, seduta per terra in pigiama - si riveli forse, nella sua semplicità, il più efficace della triade: una chitarra arpeggiata, linee vocali suggestive e una melodia sfuggente incorniciano un grazioso bozzetto intimista. "Nostalgia/Pain" va preso per quello che è: un nuovo, piccolo saggio delle grandi capacità vocali e interpretative della Vajagic e dell'abilità di strumentisti-improvvisatori della sua cricca di post-rocker. Per una vera conferma di quel gioiello che è stato "Stand With The Stillness Of This Day", però, bisognerà attendere la prossima prova sulla lunga distanza.
11/06/2010