Proseguendo nel solco di Sun Ra, Miles Davis, Foetus, Caspar Brotzmann, John Zorn, Mike Patton e, in ultima analisi, Frank Zappa, anche Francesco Cusa - batterista jazz con all'attivo diverse collaborazioni illustri (tra tutti Paolo Fresu, Riccardo Pittau, Tim Berne, Steve Lacy e Flying Luttembachers) - si prodiga in svariati sub-progetti artistici. Siciliano d'origini - guardacaso come Zappa -, a partire dagli inizi degli anni 90 ha dato vita a sonorizzazioni di cortometraggi, film, lavori teatrali, oltre a fondare il collettivo di musica improvvisata Bassesfere, a presiedere la sua attuale label (Improvvisatore Involontario) e a far parte integrante di svariati ensemble jazz.
"Skruch" è uno dei suoi progetti su cui vanta il ruolo di bandleader. L'intento primario di questo quintetto (composto, oltre alla batteria di Cusa, da Carlo Natoli alla chitarra baritona, Paolo Sorge alla chitarra, Gaetano Santoro al sax tenore e Tony Cattano al trombone) è quello di replicare atmosfere noir seguendo il tragitto del jazz d'avanguardia americano degli inizi 80. "Psicopatologia del Serial Killer", il debutto da lui stesso lungamente atteso, raccoglie ampie composizioni di pugno dello stesso Cusa che delineano in forma stabile queste volontà.
Molto spesso, però, il tutto è ridotto a portantina per le evoluzioni acrobatiche del batterista (stilisticamente un incrocio tra Furio Chirico, Damon Che Fitzgerald e Max Roach). Si prenda la fanfara Crimson-iana di fiati e strumenti a corda di "Blatta", allungata per consentire virtuosismi eccessivi, e - più avanti - una figura di note aspre ancora costruita ad hoc per una nuova sortita di batteria e una conclusione sospesa. Oppure in "Dr. Akagi", dove lo strumento s'inasprisce di cambi di tempo Bruford-iani, accelerazioni e stacchi turbinosi, ma dove pure il resto del concertino non resta a guardare: svetta anzitutto il sax Sanders-iano, accompagnato da una figura di derivazione Area, ma poi vi si aggiunge una chitarra da Nels Cline grottesco.
Non mancano pezzi convincenti, in cui Cusa dimostra competenza di leader a tutto campo, all'altezza tanto del tema portante quanto del compito di leader creativo a suo agio con moderate arditezze. Ci sono anzitutto introduzioni di musica concreta e di field recordings, con il compito di guidare l'ascolto, o comunque di settarne il mood (la stessa ouverture dell'opera, "J. D. H.", espone un sinistro sample di sfrigolio ventoso, e una lettura recitata e affannosa). In "Nonsense" è un motivetto carillon con inquietudine ancora accentuata a partire dagli accenti gravi della strumentazione in sordina, dal quale emerge dapprima un articolato tema alla Henry Cow, e quindi una iterata progressione Magma da parte della sezione ritmica. "Psycho Jogging" attacca invece un vociare sommesso a introdurre un lacerto ritmico da Magic Band, a far traghettare in una zona rarefatta con inserti campionati parlati, e in una finale improvvisazione collettiva. L'accoppiata traccia finale/ghost track chiude il disco con nuove bizzarrie di musique concrete.
Dal salingeriano "Il Giovane Holden" e dagli scritti autobiografici di Zappa, che ne hanno infuso tenebrosa ispirazione, Cusa ricava un romanzo in prosa jazz-rock che anela al meglio di due mondi: composizione e improvvisazione. Temi e forme da Ep, cornice da album doppio, pignoleria da poema sinfonico: ciò che ne risulta, più che un concept, è un'altezzosa parabola sonica, la cui sostanza musicale latente non sempre arriva a destinazione. Consiglio dell'autore: "Da ascoltare in una notte buia e tempestosa". Dedicato alla memoria di Bara Nicabaricevic e Alfredo Impullitti.