Con sei album di studio, una raccolta di b-side e un best uscito una manciata di mesi fa, i gallesi Super Furry Animals sono uno dei più importanti bastioni contro lo strapotere di Inghilterra e Scozia nell'ambito pop del Regno Unito. Sicuramente sono i più agguerriti: basterebbe ricordare il celeberrimo "Mwng", interamente cantato nella lingua di Cardiff, o i booklet bilingui in cui il gallese precede l'inglese.
Adesso tornano con il settimo lavoro, e "Love Kraft" segna un'importante ripresa dopo quel mezzo passo falso che era stato "Phantom Power", un album non sbagliato, ma di scarso impatto. Non aspettatevi immani cambiamenti, però: la formula è sempre quella ben nota. Solido, anzi solidissimo artigianato pop, scrittura che unisce estro e riflessione, particolare attenzione ad arrangiamenti e ritornelli (già, questi misteriosi oggetti fuori moda che qualcuno chiama refrain).
Se rispetto a "Phantom Power" il nuovo album non è esattamente un passo indietro, lo si deve più che altro alle influenze che il soul di casa Motown aveva avuto su "Rings Around The World", al quale intelligentemente Rhys e soci decidono di non tornare. Allora, forse, siamo a due passi indietro, ma quei tipici passi indietro fatti guardando sempre avanti, e che ti fanno inevitabilmente finire in un luogo diverso e mai calpestato prima. Anche se sì, la strada è sempre quella. Questo lungo discorso ci serve per far capire qual è stato il percorso che ha portato a "Love Kraft", un disco nuovo, vecchio, simile e diverso. Come i più attenti di voi avranno notato, il secondo è un ossimoro solo in apparenza, dato che "simile" non è "uguale". E proprio in questo piccolo scarto fra i due aggettivi si gioca la partita di "Love Kraft", partita sostanzialmente vinta, per merito del gruppo innanzitutto, ma anche grazie ai collaboratori. Con il quintetto base, infatti, ci sono anche Mario Caldato, spesso produttore per i Beastie Boys e già al mix in "Phantom Power", e Sean O'Hagan, uno dei più brillanti arrangiatori di archi in circolazione, leader degli High Llamas, occasionalmente membro e coautore degli Stereolab, non nuovo al lavoro a fianco dei Super Furry.
Un'altra peculiarità è che spesso non è Gruff Rhys a cantare: a essere precisi, il cantante si prende solamente poco più della metà delle parti vocali. "Atomik Lust" è cantata da Dafydd Ieuan, "The Horn" e "Back On A Roll" da Huw Bunford, "Walk You Home" e "Cabin Fever" da Cian Ciárán. Questo incide positivamente sulla resa finale dell'album.
Ma veniamo alle highlight del disco, come l'iniziale "Zoom!", che è una tipica apertura superpelosa. Melodie suadenti e vagamente psichedeliche a cavallo fra Sessanta e Settanta, voce che entra in scena dopo più di un minuto, ricami di organo, archi e fiati (courtesy of Sean O'Hagan), coretti. Sì, i Super Furry Animals sono tornati, e la Musa del Pop non si è distratta. "The Horn", uno scanzonato, trascinante coro (quasi beatlesiano) che accompagna un viaggio in campagna. Una road-song dal sorriso stampato sulla faccia e i capelli al vento. "Ohio Heat" e "Frequency": ritornelli disegnati con il compasso, da cantare già al secondo ascolto.
Riflessi malinconici, archi vecchio stampo e cori femminili accompagnano un Ciárán particolarmente malinconico in "Walk You Home", un brano bifronte che sterza quasi all'improvviso in una dolce cantilena. Questi cambi di direzione sono un marchio di fabbrica sia dei Super Furry che di O'Hagan, ancora una volta perfetto nelle sue orchestrazioni, forse anche troppo.
Più movimentato e decisamente Blur-style il singolo "Lazer Beam", con salvifico coro gospel preso di peso e abbinato a rumori fantascientifici. Messaggi messianici misti a fantascienza utopica. Delirante ed euforico.
Segnaliamo anche "Oi Frango", briosa strumentale, e "Back On A Roll" passeggiata nel ristretto terreno fra i Beatles e Colin Moulding (XTC).
Fin qui i pregi. I difetti dei Super Furry Animals invece sono quelli noti, forse un po' più evidenti ora che sono passati quasi dieci anni dalle loro prime pubblicazioni: un'eccessiva tendenza all'immobilità, e canzoni sempre di livello ma che fanno fatica a restare nella memoria anche dopo molti ascolti. Il pop è un genere che spesso fa di una meditata leggerezza il suo punto di forza: Rhys e soci questa leggerezza la hanno sempre caparbiamente schivata. Scelta coraggiosa, ammirevole addirittura, ma non sempre felice. Alla fine il fegato soffre un po' e l'imperturbabile, atarassica prevedibilità del programma è intaccata solo dalla chitarra e dalla coda di "Cloudberries".
Ripetiamolo, però, perché non guasta: quello che manca in originalità e capacità di rinnovarsi, e non è poco, i Super Furry Animals lo compensano con una classe e una perizia compositiva in cui non ci si imbatte tutti i giorni.