Czars

Sorry I Made You Cry

2006 (Bella Union / V2)
country-folk

Dopo tre album originali di folgorante e oscuro fascino, goticamente arroccati in guglie di malinconia folk, contaminati di alt.country e tocchi leggeri d’elettronica, John Grant (voce/leader e deus-ex-machina ) decide di confezionare per i Czars un album interamente dedicato alle cover.
Finalmente, direbbe qualcuno: è infatti dall’anno della fondazione (1994; Denver, Colorado) che di pezzi altrui se ne registrano e se ne distribuiscono a manciate sotto forma di b-side , compilation collettive o tributi ad altri artisti. I fan della band, dall’altra parte degli altoparlanti, continuavano a chiedere un’operazione definitiva d’ordine in quegli archivi scompaginati, colmi di meraviglie, magari aggiungendoci qualche interpretazione nuova di zecca, concepita per l’occasione.

Per soddisfare loro e tutti gli altri ammiratori è arrivato nei negozi "Sorry I Made You Cry", uno scrigno prezioso da custodire con cura e ascoltare di notte, in camera e a lume di candela, con il giusto stato d’animo: né eccessivamente predisposti all’allegria (si rischia di cambiare album in tempi brevissimi), né troppo afflitti dalle ombre della tristezza (le undici tracce qui presenti potrebbero sferrare la più classica delle "mazzate finali", lasciando l’ascoltatore definitivamente schiavo dello spleen ). L’atteggiamento mentale migliore per avvicinarsi a questo misterioso straniero fatto di suoni e nebbia, in impermeabile scuro e cappello, potrebbe essere la rilassata curiosità, la volontà di addentrarsi in un tunnel poco illuminato senza pregiudizi, per poterne poi uscire soddisfatti, talvolta perfino ammaliati.

Ad accoglierci sulla soglia è un traditional , già interpretato da Nina Simone. Pochi accordi di chitarra acustica e poi una tromba solitaria, che si libra nell’aria prima di essere incatenata nelle spire dei synth, in crepitante sottofondo. Entra la voce: siamo dalle parti del Tim Buckley di "Happy Sad" e "Blue Afternoon", di Chet Baker, di Johnny Cash o Mark Lanegan. Anime perdute e poeti maledetti per un registro vocale baritonale, profondo, pathos allo stato puro. Il brano, fedelmente riproposto, è fin troppo breve e semplice nella sua struttura, concluso dopo poche strofe da quella stessa lirica tromba. E’ ancora la sei corde ad annunciare "Angel Eyes" e la prima delle poche autentiche sorprese del lotto: già, perché l’originale è degli ABBA e il kitsch-pop della famigerata band svedese perde in questa veste gran parte del glamour e delle armonie vocali stucchevoli, salta un decennio e si trasforma in una gemma raffinata degna della prima Nico solista, magari accompagnata da un Gram Parsons o un Lee Hazlewood.

Che "Sorry I Made You Cry" sia un album votato in gran parte alla riscoperta di alcune voci femminili americane dei primi sixties lo si intuisce dando un’occhiata alla tracklist : ben 5 brani su 11 sono stati resi noti, popolari al grande pubblico, da Brenda Lee, Patsy Cline o Connie Francis, teen-idol della gioventù americana di allora, stelle del pop adolescente (tranne la Cline, attiva nel settore country/pop, morta tragicamente trentenne e comunque arrivata al successo in età più matura rispetto alle precoci colleghe) e in qualche modo simbolo del rinnovato benessere, del boom economico, del sogno americano prima che questo diventasse incubo con la morte del presidente Kennedy. Ma torniamo alla musica. Si diceva dei ripescaggi insoliti: già, insoliti e anche inediti per l’ascoltatore che magari avrebbe intuito una scelta più prevedibile da parte degli autori, magari un Harry Nilsson, un Fred Neil, un Nick Drake. Parziale delusione, in realtà ampiamente controbilanciata dalla qualità delle interpretazioni: "Where The Boys Are" della Francis acquista una prospettiva inedita, ribaltata e ora maschile (a questo proposito viene in mente "Boys" dal primo repertorio dei Beatles, cantata da Ringo Starr), senza perdere il pathos della ballata, contrappuntata da tocchi di chitarra elettrica e un falsetto finale efficace e nostalgico.


"Leavin On’Your Mind" di Patsy Cline elimina invece il tempo terminato e gli archi, e aggiunge un languido duetto con la cantautrice Paula Frazer, in linea con alcune immortali coppie del country-folk, su tutte Johnny Cash e June Carter. Mentre "I Fall To Pieces" e "I’m Sorry" rimangono fedeli alla ricetta del lento pop anni 60, scarnificato ritmicamente e ornato da falsetti e scenari suggestivi dipinti dalla sei corde elettrica, per "Strange" cambiano le atmosfere: tastiere e percussioni campionate (di Simon Raymonde, ex-Cocteau Twins e membro fondatore della label ) portano fuori atmosfera il pezzo della Cline, snaturandolo. La medesima sensazione si percepisce con la ripresa di un classico pericoloso come "My Funny Valentine", interpretato da mille e una voce ma reso "evergreen" solo da Chet Baker. La versione dei Czars dilata oltremodo la durata (quasi nove minuti) aggiungendo un intro sintetico alla Vangelis, chitarra elettrica riverberata e una parte centrale, vagamente kitsch , con uno stralcio di pianoforte classico "notturno" e chopiniano . A tutto ciò si aggiunga una parte del testo scritta ex-novo e aggiunta da Grant a quello già esistente.
Il risultato finale è quantomeno discutibile. E’ con Tim Buckley e Paul Simon che si torna a giocare in campi più sicuri: tanto eterea e spaziale la prima (sulla falsa riga di quanto già espresso dai This Mortal Coil), quanto semplice e affascinante la seconda, arricchita da un’accordatura aperta e da un mood vocale platealmente "buckleiano".


Considerazioni finali: si tratta di un disco di luci e ombre, bello e originale nel percorrere strade interpretative insolite, penalizzato forse lungo l’ascolto dalla cronica assenza di brani più movimentati o up-tempo che lo avrebbero reso più variegato. Le atmosfere lacrimevoli la fanno da padrone, come del resto suggerisce il titolo. Acquistatelo pure, ben sapendo che non è un capitolo minore della discografia Czars, ma neppure un "cover album" irrinunciabile come "I’ll Take Care Of You" di Mark Lanegan.

24/05/2006

Tracklist

  1. Black Is The Colour
  2. Angel Eyes
  3. Where The Boys Are
  4. My Funny Valentine
  5. For Emily
  6. Leavin’On Your Mind
  7. You Don’t Know What Love Is
  8. I’m Sorry
  9. I Fall To Pieces
  10. Strange
  11. Song To The Siren

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