Ben celati sotto la sigla Osi (Office of Strategic Influence) troviamo alcuni esponenti illustri dell’ultima decade del progressive-rock cosiddetto d’avanguardia. Nomi che fanno davvero pensare a un autentico supergruppo alla stregua dei vari dream team olimpionici americani: Kevin Moore (noto per la sua militanza nei Dream Theater e adesso deus ex machina dei Chroma Key), Jim Matheos (chitarrista dei Fates Warning), Sean Malone (ex-Cynic), Joey Vera (bassista dei Fates Warning), Steve Wilson ( vocalist in una traccia dell’omonimo) e soprattutto Mike Portnoy, qui nel triplice ruolo (a dispetto dei credits ) di batterista, keyboard programming e sound engineering . Tuttavia, nel side-project fortemente voluto e coadiuvato da Moore, poco o nulla traspare delle attitudini e delle caratteristiche esibite dai musicisti nelle loro formazioni di provenienza.
Parimenti il disco d’esordio ("Office of Strategic Influence" del 2003), gli Osi realizzano un’altra opera per certi versi assolutamente spiazzante, ancora più elettronica e futuristica della precedente, con una malcelata vocazione verso un appeal radiofonico di comunque ardua comprensione, disseminata di momenti senz’altro geniali (la pinkfloydiana "Kicking", l’energica "Better", il malinconico epilogo "Our Town") ma allo stesso tempo eccessivamente asettica, banale in più di un episodio ("Simple Life", "Home Was Good"), minimale dove avrebbe potuto esplodere in magniloquenza ("Once") ed esagerata nei passaggi necessitanti ulteriore introspezione ("All Gone Now").
Ma il quadro generale, grazie alla perizia tecnica, all’intelligenza compositiva e all’esperienza dei singoli elementi (Matheos su tutti), risulta infine piuttosto gradevole, sebbene vessato da un inesorabile anonimato lisergico che si staglia in background in quasi ogni traccia di questo "Free", e che lascia il disco sfrigolare nel lettore senza troppe scintille.
"Sure You Will" e "Free" mettono subito in chiaro le intenzioni schiettamente progressive del combo, con un opportuno repertorio di riff doppi, drumming puntuale, basso affilato e tappeto elettronico adeguatamente orchestrato (dagli stessi Moore e Matheos). La criticata voce monocorde di Kevin Moore, per molti fredda e impersonale e affatto in grado di comunicare qualsiasi sentimento, si commuta invece sapientemente (o fortuitamente) come strumento sterile e funzionale alle meccaniche gelide delle tracce, salvo cercare riabilitazione emotiva in "Home Was Good". La semplicità insita nella scrittura di "Free", fresca cavalcata prog non dissimile da certi lavori firmati Porcupine Tree ("In Absentia") coinvolge l’elettronica "Go", che riporta alla mente le sordide atmosfere dei capolavori anni 80 di John Carpenter.
L’impressione finora maturata è di un album ineccepibile sotto l’aspetto tecnico (notevoli i loop e le texture di "Go", come l’impianto stridente di "All Gone Now"), ma non altrettanto penetrante per quanto riguarda la materia sensibile, per dirla come in quel gran romanzo della Shikibu. Proprio per questo, una ballata mesta come "Home Was Good" si trasforma in un esercizio di stile. Pregevole ma vuoto (le somiglianze con l’ultima incarnazione dei Dream Theater sono tutt’altro che casuali).
La chitarra nervosa di Matheos, quasi subito inglobata da una variazione elettronica di serena matrice Chroma Key, introduce l’atipica "Bigger Wave", una traccia dall’indole poliedrica che abbraccia nei suoi 4 minuti e 30 secondi di puro pop una violenta sgambata metal. "Kicking" e "Better", nella loro estrema diversità, raccolgono quanto di meglio espresso finora dalla band: melodie accattivanti, ritmo incalzante e soluzioni raffinate ("Kicking"); interpolazioni elettroniche innovative in un brano progressive e crescendo imponente ("Better"). Sorvolando sull’innocua "Simple Life" e detto di "Once" che sarebbe stato appropriato "relegarla" a preziosa b-side , gli Osi si congedano con l’ennesima variabile impazzita ("Our Town"): una ballata acustica che, nonostante il robotico incedere di Kevin Moore, permette a questa indefinibile seconda opera della band di lasciare un buon sapore in bocca.
27/07/2006