Capita a volte di iniziare a far girare un disco pensando di conoscerlo già, credendo di sapere quale sarà il risultato alla fine dell'ascolto. Ed è quello che è capitato a chi scrive, un istante prima di metter su l'album di questi "affabulatori", "Broken Boy Soldiers", pensando molto semplicemente: beh, sentiamo lo svago domenicale di Jack White.
Quando però le note iniziano a divincolarsi dai solchi, e si sprigionano brillanti, vive, impetuose e rassicuranti a un tempo, è allora che ci si rende conto di essere di fronte a qualcosa di ben altra caratura. Perché questo disco non è semplicemente il progetto parallelo di Jack White e del suo amichetto Brendan Benson, insieme a due dei più nostalgici e puri garage-rocker contemporanei (Jack Lawrence e Patrick Keeler dei Greenhornes), ma una sorta di microcosmo cristallizzato fuori dal tempo, in cui quattro spiriti si incontrano e si ritrovano, dando vita a una delle celebrazioni più intense e nitide della decade a cavallo fra i Sessanta e i Settanta. Come in un rito, i quattro diventano sacerdoti e messaggeri dello spirito di quarant'anni fa, non semplicemente dando alle stampe un disco derivativo o derivato da un certo suono e da una certa attitudine, ma piuttosto (ri)portando alla luce dieci tracce che sembrano semplicemente essere rimaste nascoste per tutto questo tempo. Nate, appunto, in un altro momento, e rimaste immobili e sonnecchianti, aspettando di essere presentate, aspettando che venisse attaccata la spina.
E proprio così, quando la puntina finalmente inizia a scorrere sul disco, si viene travolti dalla sferzante veemenza di "Steady As She Goes" (singolo di lancio dell'album), dai coretti beatles-beachboysiani di "Hands", dal ritmo pestante e perverso della title track, passando per le sonorità di purissima matrice lennoniana di "Intimate Secretary" e "Blue Veins" (dove sembra di ritrovare il John dei primi Settanta, intento a raccontare un'altra delle sue storie impacciate di fragilità). E ancora, aggirandosi per questo paesaggio racchiuso in una sfera di vetro colorata, si incontrano Marc Bolan con i suoi Tirannosauri, danzando sulle note di "Together" e "Store Bought Bones", per perdersi nel frattempo in strati sonori di doorsiana memoria e infine ritrovarsi tutti insieme, a festeggiare il ritorno a casa, non senza esser passati a dare un saluto al signor Plant e a Mr Page, dopo un tè con Sir McCartney. Ma dopo tutto questo, quello che stupisce di più durante l'ascolto, è che la creazione di questo piccolo mondo parallelo sembra realizzata con una sorta di pacifica consapevolezza, quasi una svagata noncuranza (che non è mai approssimazione, però); ed è forse a causa di questo che, in alcuni momenti, si fatica a trovare l'anima, il cuore di questo piccolo mondo lussureggiante.
La realtà è che la confidenza con cui questi quattro novelli affabulatori maneggiano la materia in questione è talmente profonda, e la comunione di intenti è talmente perfetta, che sembra quasi che lo facciano solo e soltanto per loro stessi. Che tutto il disco sia un omaggio a una passione antica, magica e sacra, condivisa e vissuta unicamente dai loro quattro animi malinconici. Ecco perché può apparire difficile trovare la chiave per accedere nella loro dimensione, popolata di fantasmi fascinosi che tornano in vita o che nascono solo oggi, in una realtà che non gli appartiene. Ma una volta trovata questa chiave (che sembra nascosta, ma in realtà è sotto i nostri occhi), tutto ciò che rimane da fare è sedersi a terra accanto a Jack, Brendan, Lawrence e tutti gli altri e lasciarsi inondare insieme a loro da questi suoni remoti e modernissimi, filtrati da vox tirati a lucido, che ancora oggi non perdono un briciolo della loro carezzevole bellezza, specialmente quando, come in questo caso, è come se nascessero la prima volta, stupiti e consapevoli insieme, del loro potere evocativo.
Consigliatissimo a tutti quelli che pensano di aver lasciato un pezzo di loro stessi in un angolo lontano di tempo, che magari neanche hanno vissuto. Tutti gli altri, invece, si sforzino di trovare quella chiave nascosta, concedendo a questo disco almeno un ascolto.
18/05/2006