Danny Cohen

Shades Of Dorian Gray

2007 (Anti)
psych-folk

Misteri del rock, misteri del folk, misteri della musica.
La domanda che ci poniamo è la seguente: perché un artista di questo calibro è rimasto fuori dall’universo musicale per così tanto tempo?
La risposta, forse, nessuno mai potrà fornirla, neanche il buon vecchio Danny, dato che è assolutamente inspiegabile che nessuna major, nessuna etichetta di periferia abbia scommesso su un talento del calibro di Mr. Cohen. Don Van Vliet all’epoca accolse l’allora giovanotto olandese nel suo clan, coprendolo di lodi, introducendolo in quella cerchia di cantautori psicotici e avulsi da ogni stratificazione compositiva di stampo classico. Lo stile del nostro, infatti, è accostabile per un gioco di parallelismi dovuti al talento sconquassato del secondo Barrett, quello di "The Madcap Laughs" per intenderci.

Solo un’altra mente deragliata come quella di Tom Waits poteva immaginare di rilanciare un tale artista ancestrale nel millennio dell’elettronica, dove ormai più nulla sorprende. E’ proprio questo anacronismo temporale a rendere intrigante la faccenda. Immaginiamo di esserci persi una perla degli anni Settanta, riscoprendola oggi… L’effetto potrebbe essere quello datoci dal Danny, di una iniziale interdizione, che si imbeve di fascino con il lento scorrere delle tracce. L’impatto dissonante della prima "Prayer In The Black And White" lascia infatti senza speranze gli amanti della pura melodia; un dadaistico canto tenebroso si lascia accompagnare da una tromba sciatta, il cui binario resta impercorribile per chiunque non sia disposto a lasciarsi andare, perché cercare di comprendere in questi casi potrebbe risultare difficile, forse impossibile.

L’intento primario di Cohen è quello di destabilizzare l’ascoltatore, inserendolo tra fitte piantagioni di digressioni folk, smembrate passo dopo passo dal cantato stralunato e dall’astrazione narrativa.
L’ombra di Oscar Wilde delinea i bordi della cornice ideale del disco, avvolto nella sua incostanza da un senso di perdizione incontrollato e incontrollabile. Prendiamo ad esempio "Vertigo": l’avvolgersi convulso dell’upright piano anticipa gli accordi tediosi della chitarra, prima che subentri la voce del cantautore, intenta nell’emulazione astratta di un conato post-party.
L’implosione strumentale resa perfettamente da una chitarra dal suono ovattato trascina l’ascolto verso un buco nero, salvato appena da qualche parvenza classica come il violino di "Palm Of My Hand" o di " The Prophecy", appena più comprensibili ad orecchio umano, forse una sarcastica ironia in piena tragedia, una piccola oasi che scompare pian piano nel deserto della successiva "Noah Baine", funereo idillio che altera ed elimina ogni possibilità di salvezza.

La tormentata teatralità di Cohen continua imperterrita nella successiva " Confection Of Bullshit", reincarnando gli stessi stralunati acuti del Waters di "The Wall" o di "The Final Cut", con qualche pillola di disincantata psichedelia monotona e strascinata al contempo.
La raffigurazione di tutte le incongruenze presenti in questo lavoro è tangibile nelle svariate divagazioni lunari di stampo sessantottino, eccessive e fin troppo camuffate dal petulante astrattismo dei suoni imposti da Cohen, pregni di quel costrutto melodico figlio dei tempi che furono.

L’ombra di Dorian Gray convince, seppur con qualche fatica ovvia da putrefazione temporale. Danny Cohen, anche se in ritardo, mostra estro e genio compositivo, ma il tempo, si sa, impone inesorabile le sue leggi. Se il ritratto dipinto da Oscar Wilde conferisce prolungata giovinezza a Dorian Gray, lo stesso arduo compito non riesce del tutto al nostro Danny Cohen… appena per qualche decennio.

(02/03/07)

08/03/2007

Tracklist

1. Prayer In The Black And White
2. Avian Blues
3. For George Bailey, LaPado and Bottom
4. Vertigo
5. Drawing In The Dark
6. Devil Brat
7. Cold Snap Conundrum
8. Palm Of My Hand
9. The Prophecy
10. Noah Baine
11. Confection Of Bullshit
12. The Fall
13. Sunday In Richmond
14. Death Waltz
15. Rigomortis (On The Ridge)
16. Beneath The Shroud

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