Eccolo di nuovo Vittorio Cane dopo il precedente disco omonimo del 2006 che, diciamolo pure, aveva creato un piccolo caso in certi ambienti. Bislacco, amaro, e perfino tragicomico in alcuni episodi, “Vittorio Cane” sapeva affrescare storie di ordinaria alienazione a partire da episodi apparentemente insignificanti, alienazione che atteneva alla provincia italiana più periferica, quella dimenticata da tutto e tutti.
Questo “Secondo” conferma quanto di buono fatto vedere nel precedente lavoro, mantenendo inalterate le caratteristiche di fondo, ovvero una visionarietà del quotidiano che ha quasi dell’ossessivo per come è sviscerata.
I testi sono al solito profondi e pregni di significati, nonostante possano suonare schiocchi a un primo ascolto.
Le canzoni? Ci sono pure quelle, a partire dalla bellissima “Mille”, che con il suo crescendo orchestrale ricorda lo Scott Walker di “Scott 4”, e l’altrettanto riuscita “Quassù”, con arrangiamenti sottilmente psichedelici. E poi una sequela di filastrocche sghembe (“Domenica”, “Ci Proverò”, “L’ermetico”) dal gusto dolce-amaro, atte a risvegliare l’eterno bambino che è in ognuno di noi.
Ancora un centro.
(15/01/2009)