Spinti dal buon successo di pubblico e critica che salutò il loro Ep allargato "Applause, Cheer, Boo, Hiss" tornano a un anno di distanza i canadesi Land Of Talk.
Come nel disco precedente, è ancora la carismatica vocalist Elizabeth Powell il fulcro attorno al quale gira tutto il progetto della band. Se però nell'acerbità di quei dieci pezzi gli umori della leader davano spazio a un'ampia gamma, fervida e passionale, di emozioni, in questo album una produzione raffinata livella il tutto verso un meno incisivo indie soft-rock.
In sede di produzione, si diceva, siede Justin Vernon aka Bon Iver e per chi conoscesse quel piccolo gioiello di songwriting folk che è "For Emma, Forever Ago" non sarà difficile capire in che modo questo abbia influenzato il sound dei Land Of Talk; si prenda ad esempio "Troubled", intima ballata folk pressoché solo chitarra e voce, o "la cavalcata trattenuta "The Man Who Breaks Things" che non sarebbe sbagliato definire quasi folk-rock.
Anche senza le contaminazioni folk, comunque, "Some Are Lakes" risente di questo addolcimento generale, sia in sotto il profilo della varietà, sia soprattutto nel modo in cui viene quasi del tutto cancellata la componente rabbiosamente rock che s'intuiva essere nel potenziale della Powell e del suo combo.
Tutte le tracce, ad eccezione forse del rock tirato da chitarre turbinanti di "Corner Phone", hanno la struttura di ballate indie pop-rock in cui la grinta viene sistematicamente trattenuta, imbrigliata e/o appena accennata.
Pur cercando di fare un passo in avanti nella definizione di un genere che sia personale e originale, i Land Of Talk ne hanno fatto mezzo indietro sotto il profilo della genuinità e della diversità della proposta, rimandando ancora la dimostrazione del proprio effettivo potenziale e valore.
22/12/2008