Meshuggah

Obzen

2008 (Nuclear Blast)
alt-metal, death-metal
5.5

I Meshuggah sono una delle band che ha messo a ferro e fuoco gli anni 90 e i primi anni 2000. Il loro carnet stilistico ha intrapreso, album dopo album, una fragorosa, selvaggia, rabbiosa messa in discussione del thrash-death storico, imbastendone finalmente una versione sfasata e intransigente fino all’estremismo viscerale dell’hardcore. Nella ricetta, però, ingredienti fondamentali sono porzioni di generi talvolta molto distanti tra loro: jazz-rock, elettronica industriale, poliritmi tribali alla velocità della luce. In “Chaosphere” (1998) tanto quanto in “Destroy, Erase, Improve” (1996), nel recente “Catch 33” quanto nel primo “Contraddictions Collapse” (1991), la proposta dei Meshuggah si fa molto spesso flusso tanto composito quanto devastante di tecniche miste, ma tutte afferenti a una brutalità quanto mai freddamente architettata.

Le nove tracce del nuovo “Obzen”, contraddicono in fieri l’estetica della band fin qui cementata. Si parte con la scarica power-metalcore di “Combustion” a prendere corpo via via attraverso basso splettrato, vocals isteriche e agile assolo-jam finale. In “Lethargica” ricalcano in modo scialbo l’andamento catartico dei Tool (una band che loro stessi hanno contribuito a forgiare), con il basso di nuovo in bella evidenza.

Se “Obzen” paga il debito al post-hardcore, “Bleed” è però forte di uno dei trucchi ormai tipici dei Meshuggah, che ne riporta in auge la gloria passata: una linea melodica-armonica (di synth e feedback), preceduta dalle usuali mitraglie elettrificate, si staglia nel baccano scatenato di chitarre-basso-batteria fino a rubarne la scena e a recitare il suo soliloquio nel silenzio (per poi ripiombare in una jam hard-rock più fragorosa che mai).

In “Electric Red” le chitarre noise si trasformano in una sorta di arena infernale per permettere alla voce di Kidman di enunciare il suo recitativo d’indemoniato, e più avanti si producono in break rarefatti (ma sempre sostenuti da batteria e power-chords). “Pineal Gland Optics” è una falsariga di “Lethargica” maggiormente dedita a un punk-core senza identità, e “This Spiteful Snake” scaturisce da frasi horror e orde di vibrazioni scure, per poi fare spazio al deludente assolo di Thordendal.
Chiudono “Pravus” (concitazione grind, chitarre in progressiva combustione, rallentamento quasi-sludge con scoppi accordali) e la traccia meno prevedibile ma parimenti scarsa, i nove minuti di “Dancers To A Discordant System”: un poemetto death che tradisce risvolti dapprima progressivi e poi addirittura sinfonici (ma mai portati a vera elaborazione), integrato da un martirio di detonazioni delle chitarre e da una soundscape velata a nascondersi tra la massa scatenata di suono distorto. La vera elaborazione è un'aria da poseur che ostruisce persino l'ascolto del contenuto musicale.

 

Al sesto album di studio (esclusa la raccolta di semi-inediti a nome “Raretrax”, del 2001), e a nomea di semidei del metal avanzato ormai definitivamente acciuffata, i cinque scandinavi possono permettersi di giocare, di arraffare e arrabattarsi, secondo una logica - non troppo divertente - di straripante egocentrismo. Fuori misura sono i poliritmi di Haake, che in “Catch 33” (2005) si era invece nobilmente fatto da parte in luogo della sperimentazione, e che qui si sfoga a ogni pie’ sospinto; orbi sono gli incroci spasmodici delle chitarre appena fragorose (e meravigliosamente prodotte), che sono tornate a essere tradizionali archibugi death-metal dopo l’imperituro espressionismo del disco predecessore; incolore (imperioso nella sua monotonia) Kidman.
E’ un “Nothing” (2002) suonato da dei Meshuggah che hanno voglia di fare i Meshuggah a tutti i costi, o da dei Meshuggah cui hanno rubato la vera identità. La fantasia n’esce spesso con le ossa rotte, l’incisività e la freschezza pure, e i brani - per quel che s’ha da udire - non hanno ragione di dilungarsi oltremodo.

21/04/2008

Tracklist

  1. Combustion
  2. Electric Red
  3. Bleed
  4. Lethargica
  5. Obzen
  6. This Spiteful Snake
  7. Pineal Gland Optics
  8. Pravus
  9. Dancers To A Discordant System

Meshuggah sul web