Appena un anno fa, la grazia del loro primo album ufficiale, “Rivers Arms”, aveva incantato con la sua semplice eleganza cameristica; a così breve distanza di tempo, il duo formato da Rob Lowe e Michael Muller ritorna parzialmente trasformato nell’ispirazione musicale e nella sua stessa struttura di band. I Balmorhea si sono infatti adesso assestati in una formazione di sei elementi che, oltre a inglobare il violino e il violoncello già presenti nel primo lavoro, comprende adesso in pianta stabile batteria e contrabbasso.
Al più articolato impianto strumentale corrisponde un’evoluzione nel suono proposto, che tuttavia implica al tempo stesso un parziale ripiegamento verso l’originaria matrice della band texana, dunque in direzione di un’impostazione latamente post-rock. Il richiamo alla definizione di genere può tuttavia rivelarsi in questo caso ancor più fuorviante del solito, non solo perché in “All Is Wild, All Is Silent” ben poco è ravvisabile del classico schema in crescendo, ma soprattutto in quanto la sua struttura presenta ancora una netta prevalenza acustica, ora soltanto arricchita di nuove, variopinte sfumature.
Se infatti aderenze col genere possono riscontrarsi in particolare nei rilanci lievemente dissonanti che attraversano “Harm And Boon” e nelle cadenze frammentate di ritmiche sempre molto asciutte, l’impronta stilistica dei Balmorhea permane quella di un sobrio ensemble da camera, intento a esplorare le molteplici sfaccettature di un suono che spazia da timbriche sfumate a decise sensazioni bucoliche, filtrate attraverso un curatissimo romanticismo armonico.
Gran parte delle composizioni comprese in “All Is Wild, All Is Silent” sono infatti costruite per progressive stratificazioni di elementi, con inserti strumentali e melodie che si protendono e si ritraggono come una brulicante marea, rifuggendo dallo stantio canovaccio degli spasmi repentini e presentando invece un’ampia rassegna di variazioni di registro, talora decisamente inaspettate.
Il fulcro del lavoro permane ancorato agli splendidi florilegi di pianoforte e violino già apprezzati in “Rivers Arms”, intorno ai quali gravita qui una pluralità di soluzioni compositive, che sfociano in una sorta di colonna sonora per aspre distese assolate ma anche in volute acustiche dalle tinte latineggianti, ora placide ora briose, come nel caso del festoso handclapping che corona l’iniziale “Settler”. Benché non manchino interludi notturni e schegge di pianoforte solitario, “All Is Wild, All Is Silent” presenta, quasi in ogni brano, continue riletture e trasformazioni della formula-base della band, attraverso un sapiente dosaggio di tempi, toni e melodie.
L’affacciarsi di venature folk sulle corde del banjo e del mandolino (“Remembrance”, “Night In The Draw”) e, in alcuni passaggi, dei vocalizzi di Jesy Fortino (Tiny Vipers) completano il quadro di un lavoro sapientemente curato, frutto di un’ispirazione genuina e ben più complessa di quel che potrebbe apparire a un’analisi superficiale. In questa rinnovata veste, i Balmorhea non si limitano infatti a proporre la loro rideclinazione dell’obliquo fil rouge che congiunge esperienze accomunate soltanto dall’onnicomprensiva definizione post-rock (Rachel’s, 33.3, Jimmy LaValle, marginalmente Tortoise); la band texana offre invece la propria peculiare interpretazione di una sobrietà romantica, certamente non svincolata da quelle esperienze ma altresì capace di coniugare descrittivismo, spunti dalla tradizione e intensità espressiva con una classe paragonabile soltanto a quella dei migliori Dirty Three (ai quali è difficile non pensare almeno ascoltando gli ultimi due minuti di “Harm And Boon”).
Ancor più ricco di sfaccettature, ma anche più cerebrale rispetto alla fragile emozionalità del delizioso “Rivers Arms”, “All Is Wild, All Is Silent” rappresenta una validissima conferma per una band capace di rinnovarsi restando fedele a se stessa e di tracciare una linea evolutiva per una formula musicale che solo attraverso simili trasformazioni riesce a dimostrare di non aver smarrito le proprie potenzialità. La via acustico-cameristica al post-rock, sempre che si ammetta possa esservene una...
11/03/2009