Band di Vicenza (nata ufficialmente nel ’99) con la passione per i compositori colti e il rock di ricerca, i Casa sono formati da Filippo Bordignon (voce, chitarra, tastiera), Francesco Spinelli (chitarre), Filippo Gianello (basso) e Ivo Tescaro (batteria).
Il complesso esordisce con il mini “Vita politica dei Casa”, percorso da un noise-rock (larvatamente “post”, vagamente “kraut”) che punta più all’atmosfera intricata - in buona parte surreale - che all’impatto granitico. E’ raffinato in “Tutti impazziscono per i tuoi occhi di cammello ma non lui”, espressionista nel minestrone ritmico di “Mozo” e in “Terry Riley”, e persino prossimo al poemetto elettronico nella reprise strumentale.
“Remake”, poco dopo, raccoglie una versione live e una decina di remix di “Tutti impazziscono per i tuoi occhi di cammello ma non lui” (per opera di Be Invisible Now, Erik Ursich, Bradipop, e altri).
“Un giorno il mio principe verrà”, primo vero album lungo della formazione, esaspera tutte le componenti che il breve debutto accennava appena: in “Nick Drake” la nevrosi del testo si riflette sull’impeto ritmico, in “San Goffredo” la voce quasi cartonesca spalleggia un flamenco dissonante, “Una razza inferiore” e “P2” sono twist ricombinanti alla maniera Beefheart-iana.
Il nuovo episodio elettronico, “Krya Yoga”, stavolta diventa rada pittura sonora, mentre “Ho conosciuto le tue ossa di femmina” è un reading (comunicato da una speaker con apatia inespressiva) per accompagnamento atonale in sordina e break elettronici. L’altro pseudo-reading, “Non hai esterno”, per quanto meno disgiunto, si fregia di dissonanze tra flicorno instancabile e fraseggio pungolante di chitarra, quasi un Capossela impiantato in uno scenario armonico ostile.
I numeri jazzati non sono da meno. La strumentale “Padre nostro/Motoraduno” si fregia di una fusion involuta di parentesi caotiche, rarefazioni e false partenze, e la swingante, lineare “Presso un guaritore di campagna” si affloscia nei gargarismi del cantante.
Convincente sia fuori che dentro, sia nella costruzione assennata, improntata a una sorta d’assurdo calcolato, che nel contenuto eclettico, dedito a un divertimento criptato addirittura Brecht-iano. Pienamente aggiustato da Amaury Cambuzat, che modella il mantra à-la Can di “Krya Yoga” (assieme a Gg Funcis, mente elettronica dei conterranei Eterea), la vocetta monotona di Anna Geiselbrechtinger in “Ho conosciuto le tue ossa di femmina”, il flicorno di Enrico Antonello.
28/07/2009