Non nego, anzi rinnovo, la mia adorazione per i tre fratelli Carney, il loro approccio organico e molto elaborato dà vita a brani potenti ma ricchi di sfumature, una musica fresca e ricca d'impatto che conserva abili trame cerebrali.
L'apertura di "Sea Voids" stabilisce subito le nuove coordinate: un suono più diretto e meno pretenzioso (l'album è stato registrato in poco più di due settimane), la padronanza stilistica permette al gruppo di contaminare le sonorità senza perdere identità.
La struttura di brevi jam-session coordina le varie tracce che scivolano su toni robusti alla Jimi Hendrix in "Suzerain" o melanconici frammenti shoegaze in "World Wide Prince".
In "Sea Voids" i Pontiak trovano uno sbocco più accessibile per il pubblico e svelano la loro naturale attitudine, il confronto con altri protagonisti della scena stoner-rock è vinto senza più indugio, l'ispirazione che anima la delicata folk-song "Life And Coral" e la trance psichedelica di "The Spiritual Nurse" non rinnega altresì le moderne inflessioni del rock americano, virando verso Thin White Rope e Codeine.
Solo trenta minuti di musica in verità, ma capace di rendere chiaro che i Pontiak controllano il versante più robusto del loro sound senza cadere nel citazionismo privo di personalità, e nel converso possono lambire lande folk e delicate con la stessa potenza ("It's The Life"), "Sea Voids" è un altro tassello di valore per un gruppo che merita attenzione.
(01/04/2010)