Navi alla deriva, circondate dal mare sciabordante e dall'impassibilità flemmatica della vita subacquea. Registrazioni ovattate dalla nebbia innaturale di una lacerazione nello spazio-tempo, nel bel mezzo dell'oceano. È questo lo scenario dipinto nel progetto "Blue Water White Death", ideale congiunzione tra i rituali post-apocalittici di Jonathan Meiburg degli Shearwater e l'estetica lacerata e dissonante di James Stewart degli Xiu Xiu. Quello che esce da questa sinergia potenzialmente esplosiva è in realtà una poetica dell'effimero, dell'impalpabile, che scivola via come un veliero fantasma, tra rumorismi minimalisti e campionamenti etnici ("Death For Christmas"). Più che un'unione complementare e proficua, quello dei Blue Water White Death pare più l'incontro di due personalità affini ma mai veramente confondibili. Non fosse per qualche inserto elettronico e qualche eccentricità di troppo, sarebbe difficile distinguere i pezzi cantati da Meiburg da quelli degli ultimi Shearwater (si veda "Song For The Greater Jihad", ad esempio). Si tratta di un disco le cui ambizioni evocative vengono esaudite solo in minima parte: il viaggio della nave spettrale termina presto nel gelo dei flutti, mentre le spire bianche di nebbia si richiudono sulla prua alzata verso il cielo...
10/11/2010