Prima di aprire le danze è lecito precisare un dato di fatto: “Tron Legacy The Soundtrack” non è il nuovo disco dei Daft Punk. È solo un piccolo giro di prova a Disneyland che i due francesini si sono voluti concedere per scaldare un po’ gli attrezzi. Una sorta di sosta programmata in vista del quarto lancio definitivo.
Così, a cinque anni di distanza da “Human After All”, terzo capolavoro di una carriera pressoché straordinaria, Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter decidono (un po' a sorpresa) di soddisfare le dorate lusinghe disneyane, rimandando a data da destinarsi il rientro in scena a pieno regime. Una scelta condivisibile quella dei parigini, che spacca allo stesso tempo critica e platea, come nella migliore delle tradizioni. Va aggiunto, inoltre, che simile attesa ha contribuito in ogni caso a deviare le aspettative dei tanti "seguaci" sparsi lungo il globo, aumentando il rischio di assalti frontali e rimproveri, dettati magari da una lampante ed egoistica necessità musicofila. Di conseguenza, è altamente prevedibile che la qui presente soundtrack dell’imminente “Tron Legacy", film seguito del celebre “Tron” del 1982, assuma impropriamente l’ingente carico di trepidazioni mutando in qualcosa che davvero non gli compete. Tuttavia, l’orchestra di cento elementi fatta giungere ai modernissimi Lyndhurst Studios di Londra appare quantomeno un azzardo, o più semplicemente un incauto sfarzo produttivo in pieno stile hollywoodiano, ma tant’è.
Annusata la trama e le ambientazioni del film in questione, parrebbe ovvio anche ipotizzare uno sciame robotico e incessante di orchestrazioni à-la Daft Punk. Senza considerare che il perfetto incastro tra la pellicola dell’esordiente Joseph Kosinski e le classiche sonorità dei due alfieri della dance elettronica transalpina, avrebbero potuto far scattare qualcosa di intrigante. Peccato che nulla di tutto questo sia minimamente accaduto, dato che il “disco” contiene solo due bordate degne del marchio originario. Mentre il resto è il più classico dei sottofondi fantascientifici a stelle e strisce, ovverossia un vero e proprio polpettone grassissimo di rarefazioni pseudo-Jarre con tanto di aperture alari e palpitanti intermezzi di circostanza (“Recognizer“).
A incarnare il tema sonoro dominante dei vari scontri a effetto tridimensionale, è la sola "Arena". Così come al centro del piatto gli attimi centrali e più significativi del copione vengono enfatizzati in momenti come “Rizler”, “Outlands” e “The Game Has Canged”. In coda, spiccano le sole “Adagio For Tron” e “Nocturne”, le quali sembrano uscite da uno dei tanti film epici di Brian De Palma. Insomma, tutto scorre senza lasciare alcun segno memorabile.
Ma come già accennato poco sopra, sono due i guizzi strettamente cibernetici, posti l’uno dietro l’altro e pregni dell’ultrakitsch roboante che ha reso inconfondibili i Daft Punk: “End Of Line” e “Derezzed”. La prima è una marcia pachidermica alla stregua dei Kraftwerk con tanto di tastierone imperante e pathos intergalattico. La seconda è una vera e propria scheggia fatta partire in quattro quarti e spedita oltre l’orbita terrestre. Due minuti scarsi di rotazioni sintetiche e stop&go smorzati a casaccio che fungono da aperitivo all‘incombente futuro.
Che qualcuno di buon grado vada a riprenderli dal simpatico mondo di Tron Quorra e li riconduca immediatamente sulla Terra. Ne abbiamo un po’ tutti bisogno.
01/12/2010