E' bene subito sgombrare il campo da ogni paragone, però: "Banana Republic" fu un evento nazionale, riaprì le porte agli stadi dopo la stagione delle molotov e dei processi sul palco, e soprattutto giunse al culmine della popolarità per entrambi i protagonisti. Fu un fenomeno di costume, oltre che musicale, capace di sdoganare la canzone d'autore dalle elite alle masse. "Work In Progress" non ha queste ambizioni e fotografa lo stato attuale dei due ex-"marinai", con un Dalla ormai da anni in fase calante e un De Gregori fieramente aggrappato alle sue radici, tra nuovi lampi ("Il fischio del vapore", "Pezzi") e segni di stanchezza (l'ultimo "Per brevità chiamato Artista").
Il doppio cd suggella la ritrovata sintonia dei due sul palco, dove ognuno canta le canzoni dell'altro, salvo "Caruso" e "La donna cannone", troppo personali per prestarsi allo "scambio". Poi, i duetti, spesso i momenti più godibili, su tutti una struggente "Santa Lucia", non a caso il pezzo di De Gregori preferito da Dalla, una trascinante "Nuvolari" e un divertito "Disperato erotico stomp". Anche se - va detto - i ruoli rispetto a "Banana Republic" sembrano essersi invertiti: oggi è De Gregori il più in forma, anche come interprete, mentre Dalla fatica un po' a stargli dietro, sopperendo con mestiere e carisma.
Ventinove brani dal vivo e due inediti: l'invito al viaggio di "Gran Turismo" (soprassedibile) e "Non basta saper cantare", una bella ballata pianistica old-style, più la versione in studio di "Generale e la cover di "Just A Gigolò" ("Solo un gigolò"). Tanti classici, pescati nel miglior repertorio di entrambi. Con arrangiamenti del tutto inediti. Può capitare così di imbattersi in una coda di sax e chitarre al posto della sonata di piano de "La leva calcistica della classe ‘68", di vedere un'armonica dylaniana rimpiazzare le immortali zampogne di "Viva l'Italia" o di stentare a riconoscere la "Buonanotte Fiorellino" tramutata da valzer musette in galoppata rock. Per De Gregori non è certo una novità, del resto: le sue canzoni, da sempre, cambiano volto sul palco, come da lezione del Dylan targato "Never Ending Tour". Lascia quindi sospesi tra imbarazzo e commozione la "Rimmel" cantata in coro con il pubblico: quasi un omaggio, dopo anni di sussiegoso (e spesso frainteso) distacco.
Più rispettosi degli originali i brani di Dalla, anche se gli arrangiamenti moderni donano nuova verve a capolavori del passato come "Anna e Marco", "L'anno che verrà", "Futura", mentre una sentita "Henna" ci ricorda quella che è forse la sua ultima prodezza recente.
Peccato per l'esclusione dalla tracklist di qualche chicca riscoperta nel tour, ad esempio le degregoriane "I matti" e "Due zingari" oppure "Non sono matto (o la capra Elisabetta)", il primo testo scritto da Dalla nel 1964 su musica di Gino Paoli. Si può sospettare che il marketing abbia fatto pendere la bilancia dalla parte degli hit, ma è anche logico che sia così. Non un'operazione-nostalgia e neanche un prodotto meramente promozionale, in ogni caso, come dimostra la mancanza proprio dei brani tratti dai loro album più recenti. Solo la testimonianza sincera e divertita di due giganti della canzone d'autore disposti a rimettersi in gioco dopo quarant'anni di onorata carriera. Con tutti i pregi di ieri e qualche limite di oggi.
Allegato il Dvd "Back To Back", con un'ora circa di backstage e interviste.
(30/11/2010)