È obiettivamente impossibile tener dietro a tutte le pubblicazioni di Rutger Zuydervelt a nome Machinefabriek: tra collaborazioni, mini cd-r, cassette, vinili e, ogni tanto, un album nel senso proprio del termine, è difficile che passi mese che il paladino olandese della colossale autoproduzione casalinga non licenzi qualche nuovo saggio del suo nebbioso universo musicale, creato a partire da manipolazioni droniche di suoni concreti.
Difficile dunque anche selezionare le opere più significative di una discografia che nel volgere di pochi anni ha già assunto dimensioni sterminate. Ben lungi da un'improba ricostruzione d'insieme, è allora almeno il caso di evidenziare un'uscita come questa che va sotto il titolo di "Daas" e viene pubblicata dall'etichetta inglese Cold Spring, specializzata in estremismi industrial-ambientali.
Pur raccogliendo buona parte di materiale già edito negli anni passati, nei consueti limitatissimi formati, "Daas" presenta più di uno spunto d'interesse, non solo per la partecipazione di altri artisti di rilievo, ma anche per l'imponenza dei suoi 75 minuti complessivi, nel corso dei quali Zuydervelt offre un ampio ventaglio di modulazioni elettroniche, ora cristallizzate in una tenebrosa stasi, ora avvinte in impetuosi crescendo ambient-orchestrali.
L'unico brano inedito del lotto, nonché quello relativamente più breve, è la title track iniziale, che introduce da subito in ambientazioni di spiccata inquietudine, incastonata da battiti sfumati, rumori di fondo e liquide imperfezioni sulle quali si stagliano solenni i filtraggi elettronici delle partiture di Greg Haines al violoncello e Anne Bakker al violino, impegnati a elaborare un concept di Richard Skelton con estrema coerenza rispetto alle sonorità dell'artista inglese.
Analogamente spettrale è l'uniformità dei loop di "Onkruid", mentre i restanti brani - originariamente risalenti a un periodo tra il 2006 e il 2008 - si snodano tutti e tre per durate leggermente inferiori ai venti minuti, alternando la staticità di saturazioni brumose al lieve movimento di glitch, folate armoniche e progressive stratificazioni, che sfociano nelle persistenze quasi rumorose del finale di "Flotter".
La generale austerità delle atmosfere si protende in tal modo verso territori di più evidente uniformità dark-ambient, ma risalta altrettanto laddove ai filtraggi dronici si abbinano più percettibili incursioni d'archi. È il caso dell'altro pezzo al quale partecipano Haines e la Bakker, "Koploop", che rappresenta anche quello più articolato di tutto il lavoro, con la sua tensione latente e il graduale avvicendamento tra crescendo organico, inerzia ottundente e florilegio finale.
Benché questo avvicendarsi di elementi e stili compositivi ne confermi la natura di uscita "spuria", quasi una sorta di compilation, "Daas" può ben considerarsi un valido riassunto delle torrenziali pubblicazioni di Zuydervelt: un buon punto di partenza per chi volesse cimentarsi nell'impresa improba di scandagliare tutta la sua discografia e quanto meno un utile strumento di conoscenza per avvicinarsi a questo artista il cui maggior limite continua, paradossalmente, a essere proprio l'eccessiva prolificità.
12/08/2010