Lui si chiama Doug White e a vederlo, paffuto e trasandato, te lo immagini come uno di quei personaggi di contorno di qualche sitcom, il perdigiorno con la lattina di birra in mano che ciondola tra i sonnacchiosi diners di qualche cittadina americana. Senonché, imbracciata la chitarra, Doug si trasforma in quello che a parere di scrive è il migliore interprete dello strumento al momento sulla scena. Uno stile, il suo, che si fa sempre più evoluto e capace di trovare l'equilibrio perfetto tra sogno ed energia, erede e prosecutore della lezione immensa di maestri come Robin Guthrie. o David Roback.
Uno stile maturato nel breve volgere dei due straordinari album prodotti con i suoi Tearwave, e ora raffinato ulteriormente in questo nuovo progetto Makaras Pen, sorto sulle ceneri degli stessi Tearwave. Nuovi compagni (spicca l'intensa vocalist Emma Willis) e immutato spessore per undici canzoni dinamiche e graffianti. Rispetto al recente passato a nome Tearwave, si evidenzia lungo il cammino di questo album un approccio che diviene sempre più corposo e aggressivo, già dall'iniziale "Currents", dolcissima nel suo abbrivio dream-psichedelico e poi travolta nel refrain da un coro di distorsioni sparate a tutta.
E sarà questa la falsariga di tutto l'album, nell'ossequio calligrafico delle dinamiche post-punk, che già caratterizzava la maestria visionaria dei Tearwave, a cui si aggiungono rimandi alternative che arrivano dritti dai migliori indie-90's, in un continuo passaggio tra cullante delicatezza e foga liberatoria. Si susseguono così episodi tra i quali è difficile trovare quello capace di risaltare più degli altri; assenti le vette compositive dei Tearwave (per non dimenticare), a guidare qui Doug e soci è piuttosto una ispirazione che scorre compatta e senza pause, che si rilassa nel chiaro di luna di "What's Really Happening" e nell'incanto acustico di "Spent With You", che si fa carnale e inquieta in "Envy and Lust" (duetto con Jeff Kanfender dei Daysleepers), e che si infuria nella cupissima "Tightrope" (si è mai sentito un pezzo cantato in screaming in un album dream-pop? Adesso sì).
Il tutto guidato dai ricami chitarristici in perpetua mutazione orditi da Doug White, che colorano ogni canzone e ogni attimo di ogni canzone di una luce unica. Qualcosa che va oltre il "valore" delle stesse canzoni e su cui c'è poco da scrivere, o da leggere, ma che va soltanto ascoltato, seguito in ogni suo movimento, assorbito in profondità.
02/06/2010